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ABUSI SESSUALI, DI POTERE, DI COSCIENZALA “LETTERA AL POPOLO DI DIO”

Bruna Bocchini Camaiani

I numerosi interventi di papa Francesco rivolti a tutto il popolo di Dio, e in particolare la Lettera del 20 agosto 2018, non hanno avuto l’attenzione che meritavano da parte della Chiesa, italiana in particolare. Infatti, per un problema così grave come la «sofferenza vissuta da molti minori a causa di abusi sessuali, di potere e di coscienza commessi da un numero notevole di chierici e persone consacrate» papa Francesco non ha fatto appello, come di consueto, ai pastori e al clero per un controllo più severo.

Inoltre, va sottolineato che il pontefice usa sempre insieme tutte le tre espressioni «abusi sessuali, di potere e di coscienza» per sottolinearne la complessità, le numerose responsabilità e «l’atrocità», e non solamente «abusi sessuali» o «pedofilia». Vuol così sottolineare che la sistematica copertura degli scandali da parte della gerarchia non è responsabilità minore dell’abuso stesso.

Coinvolgimento attivo di ciascun battezzato
Francesco ricorda con forza che «Il dolore di queste vittime (…) per molto tempo è stato ignorato, nascosto o messo a tacere (…) o anche hanno preteso di risolverlo con decisioni che ne hanno accresciuto la gravità cadendo nella complicità». Il richiamo al Magnificat viene rivolto in primo luogo a tutte le responsabilità diffuse: «Ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli ultimi; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote».

Per questi motivi il papa si rivolge a tutta la «comunità ecclesiale», perché la gravità della situazione «esige di farsi carico di questo fatto in maniera globale e comunitaria». Se in passato «l’omissione» è stata una «forma di risposta» ora la «solidarietà» richiede «la lotta contro ogni tipo di corruzione, specialmente quella spirituale … perché si tratta di una cecità comoda e autosufficiente dove alla fine tutto sembra lecito». È necessario perciò «che ciascun battezzato si senta coinvolto nella trasformazione ecclesiale e sociale di cui abbiamo tanto bisogno».

Saper dire no al clericalismo
Infatti non si può immaginare una «conversione» di questa portata senza la «partecipazione attiva di tutte le componenti del Popolo di Dio», non come quando si è cercato di «ridurre a piccole élites il popolo di Dio», costruendo comunità, programmi «senza radici», perché non radicati nell’universalità del battesimo. Ciò si manifesta nel modo «anomalo di intendere l’autorità nella Chiesa», atteggiamento molto diffuso dove «si sono verificati comportamenti di abuso sessuale, di potere e di coscienza – qual è il clericalismo».

Questo atteggiamento è descritto da papa Francesco, richiamando una sua lettera al cardinale Marc Ouellet, come un comportamento che «non solo annulla la personalità dei cristiani, ma tende anche a sminuire e sottovalutare la grazia battesimale che lo Spirito Santo ha posto nel cuore della nostra gente».

Si richiede allora un mutamento culturale profondo perché il clericalismo è favorito sia “dagli stessi sacerdoti sai dai laici» perché dire no all’abuso “significa dire no a qualsiasi forma di clericalismo»; questo compito riguarda tutti come popolo di Dio. La preghiera e la penitenza possono aiutare a «vincere la bramosia di dominio e di possesso che tante volte diventa radice di questi mali» e devono spingerci “a camminare nella verità appoggiando tutte le mediazioni giudiziarie che siano necessarie».

Il rovesciamento della piramide
Francesco richiama il sacerdozio comune dei fedeli, per la prima volta dichiarato dottrina ufficiale nel II capitolo della Lumen gentium che ha rinnovato radicalmente l’immagine della Chiesa in termini biblici, valorizzando la tradizione orientale e patristica e capovolgendo la dimensione giuridica della societas perfecta. Tale dimensione giuridica, incentrata in modo piramidale sul potere assoluto del pontefice e della gerarchia, ha caratterizzato tutta la storia della Chiesa del secondo millennio, a partire dalla Riforma gregoriana.

La Chiesa tridentina ha assunto quel modello e lo ha consacrato all’interno di una logica difensiva, apologetica e di condanna di ogni aspetto o realtà non del tutto conforme. Da Pio IX a Pio XII, queste caratteristiche si sono accentuate, basti ricordare la crisi modernista e il blocco di ogni tentativo di libertà nella ricerca teologica e nella vita ecclesiale.

Il clericalismo, l’immagine piramidale della Chiesa e la chiusura apologetica sono quindi le caratteristiche predominanti della Chiesa preconciliare, come sono evidenziate nella ecclesiologia e teologia ‘romana’.

La riscoperta del «popolo di Dio», che si basa sulla «universalità del battesimo», è una delle grandi conquiste del Vaticano II, ma nei testi conciliari sono presenti oscillazioni e nel postconcilio con frequenza si è preferito ribadire una continuità con la tradizione precedente. 

Strascichi di clericalismo autoreferenziale
Queste linee si sono accentuate con il pontificato di Giovanni Paolo II. Il Codice di diritto canonico del 1983 definisce la Chiesa come una Chiesa del clero in primo luogo, i laici sono soggetti passivi che «hanno il diritto di ricevere dal clero i beni spirituali».

Questo Codice, che avrebbe dovuto recepire i testi del Vaticano II, si è invece riferito alla immagine della societas, con una prospettiva autoreferenziale, ecclesiocentrica, che suggeriva di fatto la difesa sempre e comunque dell’istituzione ecclesiastica, un atteggiamento che ha portato la Santa Sede a volte a coprire gli abusi e a sollecitare gli episcopati a non denunciare alla giustizia i colpevoli (cfr. Hervé Legrand, Perché non abbiamo agito?, “Il Regno” n.2, 2019). A queste norme e consuetudini ha fatto riferimento il card. Barbarin nel suo appello contro la condanna che ha consegnato anche a papa Francesco.

Stessa linea interpretativa è presente nel Catechismo della Chiesa cattolica del 1992, dove l’immagine del clero e del magistero è del tutto autoreferenziale. La sacralità del sacerdozio, sulla scorta della spiritualità francese del Seicento, Jean Jacques Olier in primo luogo, sottovalutava il battesimo come unico fondamento della santità dei cristiani.

Superare la struttura sacrale
Papa Francesco vuol recepire e valorizzare fortemente l’immagine apostolica del popolo di Dio, ricordando anche «l’indefettibilità» del popolo di Dio nella sua interezza (Lumen gentium, 12). Per ottenere questa profonda ‘conversione’ è necessaria una riforma della Chiesa, non solo del clero ma anche del vescovo, come alcune condanne recenti hanno evidenziato.

È la struttura della Chiesa nella sua sacralità e intoccabilità ad essere messa in discussione profondamente, è necessario un più forte rapporto con i laici, assuefatti da secoli ad un ruolo solo passivo, con una presenza femminile del tutto assente in ruoli decisionali.

L’incontro dei presidenti delle conferenze episcopali a Roma, nel febbraio, è stato importante, per le forti parole di denuncia di papa Francesco e per l’atto penitenziale dei vescovi e l’ascolto delle vittime; ha rivelato una ispirazione strettamente evangelica, lontana da atteggiamenti precedenti e indicato uno stile complessivo che dovrebbe essere seguito anche nelle Chiese locali.

La necessità di cambiare le regole
Nelle relazioni si è preso atto della realtà senza reticenze, con alcune denuncie significative relative agli insabbiamenti e alla necessità di superare il segreto pontificio, che su questi temi, come ha ricordato il cardinale Marx, non ha motivazioni.

C’è poi il problema dell’autorità civile e dell’intervento della magistratura, che sino ad ora si è cercato di evitare; in realtà questi interventi esterni, e la stampa che li ha diffusi e denunciati alla pubblica opinione, hanno avuto il merito di sollevare lo scandalo. Su questi aspetti la pur sincera richiesta di perdono non è sufficiente.

È stato annunciato un Motu proprio del pontefice e un vademecum per i vescovi. Ma, di fronte al silenzio di troppi prelati, è necessario che ci siano delle norme strettamente vincolanti, è ancora diffusa una mentalità ecclesiocentrica che potrebbe ancora cercare di evitare lo scandalo.

Nella riforma necessaria della Chiesa il vescovo non può essere pensato come un monarca assoluto che decide del tutto autonomamente rispetto alla sua Chiesa. Inoltre la presenza femminile nella Chiesa è quasi assente negli ambiti decisionali, è un fatto grave, perché questi temi non possono essere affrontati solo da uomini, mentre già si annuncia un ulteriore scandalo sugli abusi nei confronti di suore.

… e la Chiesa Italiana?
C’è poi un’attenzione necessaria verso la Chiesa italiana, fino ad ora la trasparenza non è stata evidente. Questi problemi sono sicuramente molto minoritari, ma non per questo possono essere elusi.

Il cardinale Bassetti ha parlato di collaborazione con le vittime e con le autorità civili, ma questa non è stata la linea di comportamento attuata fino ad ora, piuttosto frequente invece quella del trasferimento del colpevole. I magistrati non hanno ricevuto segnalazioni dalle curie. All’Assemblea di maggio verranno decise le linee operative.

Papa Francesco all’Assemblea della Chiesa italiana del 2015 a Firenze aveva proposto di «avviare in modo sinodale un approfondimento della Evangelii gaudium» per ripensare la vita comunitaria ed ecclesiale. Si è ripreso questo tema recentemente, soprattutto in relazione alla situazione del paese (“Il Regno” n. 4, 2019).

La Chiesa italiana per parlare al Paese mette in gioco la sua credibilità, dovuta anche alle risposte certe, di trasparenza e di impegni sulle linee operative, che un problema così grave impone.

Bruna Bocchini Camaiani
Già docente di Storia del cristianesimo e delle chiese all’Università di Firenze, è membro del Consiglio direttivo dell’Associazione Viandanti