- Viandanti - https://www.viandanti.org/website -

IL SUICIDIO DI UN PRETE
SCUOTE E FA RIFLETTERE

María Cristina Inogés Sanz

L’età è l’elemento meno importante, ma è significativa. Il suo nome era Matteo Balzano ed era vicario parrocchiale di Cannobio, un comune della diocesi di Novara.

Un prete fino ad ora anonimo, che purtroppo è finito sotto i riflettori dei media per essersi suicidato. Un evento terribile. È impensabile cosa quest’uomo abbia dovuto sopportare per arrivare a prendere e mettere in atto questa decisione.

Una decisione molto positiva
In questo caso la diocesi, con il vescovo in testa, ha deciso di non nascondere la terribile realtà che ha lasciato la parrocchia sotto shock [1]. Non si può neanche immaginare come stia la famiglia.

È stata una buona decisione da parte del vescovo, che, in ultima analisi, è colui che ha preso la decisione finale? Direi più che buona, è ottima per diversi motivi, anche se può sembrare strano.

Il suicidio non è una novità per il clero. La vita è così difficile sotto molti aspetti che non c’è via d’uscita, e il clero è composto da persone soggette alle stesse realtà di chiunque.

L’atteggiamento più naturale è quello di cercare scuse che finiscono per essere patetiche e molto dannose per affrontare questa realtà, soprattutto quando alla fine si finisce per sapere la verità avvolta nei «sottovoce» della mormorazione e nelle aggiunte di coloro che, con la premessa del «te lo dico in confidenza, non fare commenti», finiscono per creare – inventando – una storia ancora più terrificante di quanto non lo sia in realtà. La dichiarazione della diocesi ha messo fine alle voci prima ancora che iniziassero.

La responsabilità di tutti
Negare che un prete si sia suicidato e ricorrere al solito infarto, continua ad inviare un messaggio pericoloso ma potente per altri preti che stanno attraversando un momento difficile. Perché finiscono per interpretare la situazione come se a nessuno importi della loro situazione, anche dopo la morte, e che la cosa importante continui ad essere il buon nome dell’istituzione.

Un suicidio non è solo la terribile fine di una persona; è responsabilità di tutti, e nella Chiesa ci manca ancora la sensibilità necessaria per considerare che un prete possa aver bisogno di un aiuto altamente specializzato in un dato momento.

Avrebbe potuto dare segnali che qualcosa non andava in lui, o, al contrario, ha resistito perché nessuno gli aveva insegnato a chiedere aiuto? Nessuno ha percepito il suo dolore, la sua solitudine, la sua paura, o gli è stato detto che un prete non può mostrare fragilità? Ecco perché è così importante non nascondere il suicidio di un prete, perché può accadere, e in effetti purtroppo accade. Dovrebbe farci riflettere tutti.

Un aiuto libero e competente
Chi decide di diventare prete non può essere preparato a sopportare, a dedicarsi alla Chiesa, fino al punto di provare sofferenza e di vivere in una solitudine insopportabile. Conformarsi «in persona Christi» non significa questo. La salute mentale ed emotiva del clero dovrebbe essere una preoccupazione primaria. Sebbene la formazione ricevuta nei seminari debba essere urgentemente e completamente rivista, non è sempre l’unica questione.

È la struttura stessa di un modello ministeriale che non serve né alla società né alla Chiesa del XXI secolo. Finché non crederemo questo sul serio, sarà inutile raccomandare che, quando la vita sembra oscurarsi (e succede davvero), bisogna affidarsi alla preghiera. La preghiera è qualcosa di più bello e profondo per poterla trasformare in una risorsa di uno sciamano tribale.

Il Vangelo avverte già che un cieco non può essere guida per un altro cieco. Pertanto, quando un prete ha bisogno di aiuto, un altro prete non è sempre la soluzione migliore. Non è bene che un prete che osa chiedere aiuto venga indirizzato a un terapeuta particolare «perché gode della fiducia della diocesi». In alcune diocesi questo accade. La scelta deve essere libera perché bisognerà immergersi nel profondo della persona e quest’immersione deve essere accompagnata dalla persona che si è deciso liberamente si scegliere.

C’è ancora molto da fare 
Sapere che un prete si è suicidato, con tutto il dolore che genera, proprio come il suicidio di qualsiasi persona, dovrebbe farci riflettere e non cercare nel clero la versione quotidiana e accessibile di Superman. La tonaca o il clergyman non possiedono né conferiscono poteri sovrumani. E neanche l’imposizione delle mani durante l’ordinazione trasforma un uomo in un eroe, né la tanto pericolosa «paternità spirituale» lo fa stare al di sopra ed al sicuro degli alti e bassi umani. Il solo comprendere che, prima di tutto, sono uomini, sarà già un grande passo avanti.

Oggi il suicidio di un prete dovrebbe essere per noi uno scossone tremendo, che ci faccia riflettere su quanto ci sia ancora da fare nella Chiesa.

Riposa in pace, Matteo.

María Cristina Inogés Sanz
Laica e teologa della Facoltà di Teologia Protestante di Madrid (SEUT). Collabora regolarmente a varie riviste e al supplemento mensile de L’Osservatore Romano, “Donne, Chiesa, Mondo”.

— — — Note
Articolo pubblicato il 7.7.2025 nel sito «Vida nueva digital» (rubrica “Tribuna”, con il titolo “Aveva 35 anni”). https://www.vidanuevadigital.com/tribuna/tenia-35-anos/
Traduzione dallo spagnolo a cura di Lorenzo Tommaselli

[1] Qui di seguito il testo della comunicazione ufficiale della Diocesi:
Don Matteo, originario della parrocchia di Grignasco, era nato il 3 gennaio 1990 a Borgomanero ed era stato ordinato sacerdote il 10 giugno 2017 da mons. Franco Giulio Brambilla vescovo di Novara. Il suo ministero sacerdotale è stato vissuto, dal 2017 ai primi mesi del 2023, come vicario parrocchiale nella Comunità di Castelletto sopra Ticino. Dopo un periodo vissuto presso il Santuario di Re, aveva ripreso con entusiasmo la propria missione tra i giovani dell’oratorio della parrocchia di Cannobio, offrendo il suo servizio anche per la Valle Cannobina. Questa mattina il suo corpo è stato trovato esanime nell’abitazione dell’Oratorio, dopo che don Matteo si era tolta la vita.
Solo il Signore, Colui che “scruta e conosce” ciascuno di noi, sa comprendere i misteri più impenetrabili dell’animo umano. Eleviamo al Dio della misericordia la preghiera per don Matteo, nostro confratello nel sacerdozio, esprimendo un’umana vicinanza, in questo drammatico momento, ai suoi famigliari e a tutta la Comunità parrocchiale di Cannobio.
Firmato: don Franco Giudice / Vicario episcopale per il clero e la vita consacrata.
Il vescovo ha presieduto le esequie.
https://www.diocesinovara.it/addio-a-don-matteo-balzano/

[Pubblicato il 14.7.2025]
[L’immagine  è ripresa dal sito: setimananews]