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L’ORA DI RELIGIONE
NON PARLA PIÙ AL MONDO DI OGGI

Intervista a Marco Dal Corso [1]
a cura di Viandanti

Di recente, il “Gruppo di ricerca per un nuovo insegnamento religioso” dell’ISE di Venezia ha pubblicato un articolo che auspica un ripensamento dell’ora di religione in chiave interculturale e interreligiosa. Da dove nasce questa proposta?
Sono le analisi sociologiche che, a partire dal cambiamento d’epoca (società post-secolare, ex-culturazione del cristianesimo…), invitano a ripensare l’insegnamento religioso. La consapevolezza diffusa, cioè, è quella che un mondo sta finendo (quello che porta le domande della secolarizzazione) e dobbiamo attrezzarci, anche dal punto di vista educativo, ad un nuovo mondo.

Basterebbe che questo necessario esercizio di ripensamento venisse applicato alle Nuove Indicazioni per l’insegnamento della religione cattolica (qui ci riferiamo a quelle per i Licei) del 2012 quando, tra altri obiettivi, ci si propone di “riconoscere il valore della cultura religiosa”. Si tratta, oggi, non solo di sottolineare l’eredità storica di una cultura religiosa, ma soprattutto di evidenziarne il valore in senso prospettico.

Questo impegna a comprendere il valore concettuale del pensiero delle varie religioni, a sviluppare ciò che di positivo le religioni hanno per la soluzione dei problemi degli individui (come il valore della pace e della riconciliazione quanto mai necessario oggi), ma anche comprendere il ruolo delle religioni nello sviluppo sociale e culturale dei diversi gruppi sociali (quale è, ad esempio, l’impegno per la zakat nel contesto musulmano).

Si tratta ancora di riconoscere nel proprio sistema di valori il contributo delle religioni (ad esempio la non-violenza gandhiana) e di comprendere il contributo delle religioni sul piano culturale (come è il caso della Bibbia…) ed ancora sviluppare il rispetto per la propria e altrui religione e riconoscere il significato della religione in ordine alla ricerca di senso.

Sempre le Indicazioni insistono sull’obiettivo di “contribuire alla formazione con riferimento agli aspetti spirituali ed etici in vista di un inserimento responsabile nella vita sociale e civile”. A questo, molto più che il contributo di una singola tradizione religiosa, può servire il concorso del patrimonio etico di diverse tradizioni spirituali e religiose che impegna a riconoscere che nessuna pace tra le nazioni è possibile senza pace tra le religioni; a sapere che nessuna pace tra le religioni è possibile senza un dialogo tra le religioni. A essere consapevoli che nessun dialogo tra le religioni è possibile senza conoscenza anche degli aspetti etici delle diverse tradizioni e infine ad avere consapevolezza che nessuna sopravvivenza del pianeta è possibile senza un’etica globale condivisa. C’è un’urgenza educativa, oltre che sociale, a cui rispondere.

Come potrebbe essere rivisto l’attuale modello in chiave interreligiosa? Quali nuove competenze sarebbero richieste ai docenti?
Se, come ancora affermano le Indicazioni, quella cristiana, ma quella religiosa in generale è una conoscenza importante per la “comprensione di sé, degli altri e della vita”, credo che ci sia un importante patrimonio ecumenico ed interreligioso che impegna ad auto-comprendersi in modo nuovo, non come identità concorrenti e contrapposte prigioniere di una visione tribale delle relazioni tra persone differenti (“noi” e “loro”), ma con la capacità di apprezzare la diversità culturale e religiosa, rispettando gli altri e superando i pregiudizi. Ripensare l’insegnamento, cioè, in chiave interreligiosa può aiutare in questo processo di auto-comprensione e di dialogo con l’alterità culturale e religiosa.

Quello che viene chiesto ai docenti sono certo nuove e più approfondite conoscenze in fatto di religioni, ma soprattutto la capacità di valorizzare il pluralismo culturale e religioso come via di pace, come antidoto ai fondamentalismi, come esperienza che prepara al futuro perché impegna a difendere i diritti delle persone, soprattutto le più indifese. Essi, allora, possono aiutare a rinnovare il concetto di cittadinanza ben oltre l’appartenenza etnica, fondandola sullo statuto di umanità come riconoscono le religioni 

Oggi molti studenti e studentesse non si riconoscono in una religione ufficiale, ma non è sparito il bisogno di ricercare il “senso delle cose”. L’ora di religione può aiutarli in questa ricerca?
Sì. Sono però proprio gli studenti e le studentesse di oggi a ricordare, a modo loro, di non identificare la ricerca di senso e di spiritualità con le forme storiche che le religioni si sono date.

C’è, cioè, una ricerca oltre le forme che va accolta e capita. Forse la differenza non è più, come ci ricordava il card. Martini, tra credenti e non credenti, ma tra “pensanti e non pensanti”, a cui aggiungo “dialoganti e non dialoganti”. In questo senso andare oltre la dimensione confessionale dell’insegnamento aiuta a meglio tener conto delle nuove forme di spiritualità.

Se questa è la prima generazione incredula, come interpreta la sociologia interessata a descrivere il mondo giovanile, rimane vero che occorre lasciarsi interrogare da tale incredulità prima che essa diventi indifferenza. Il tema religioso, la ricerca di senso e così un certo interesse alle esperienze spirituali in senso lato sono segnali che vanno raccolti e che un insegnamento di carattere interreligioso può raccogliere.

Confrontarsi con la pluralità delle ricerche religiose prevede la consapevolezza che anche le religioni sono in cambiamento e che le tradizioni per essere vive sono chiamate a confrontarsi con le domande di oggi. La disordinata, fragile ricerca di senso giovanile forse ci ricorda questo. 

La proposta del vostro gruppo di ricerca è quella di “educare cittadini e non educare credenti”: così facendo, però, non si rischia un cedimento al relativismo? Non è una manifestazione di debolezza culturale?
Anche qui le Indicazioni suggeriscono che l’insegnamento della religione debba “sviluppare un maturo senso critico… aperto all’esercizio della giustizia e della solidarietà in un contesto multiculturale… per una lettura critica del mondo contemporaneo… nel confronto aperto ai contributi di altre discipline e tradizioni storico-culturali…”.

Ritengo che un approccio interreligioso ed interdisciplinare possa meglio raggiungere questi obiettivi perché capace di promuovere un’educazione alla diversità religiosa e culturale a partire dal principio alterità che le diverse religioni esprimono; ma anche capace di educare al senso della giustizia e della solidarietà se rimane vero che cifra delle religioni sono l’ospitalità e la compassione, nonostante i tradimenti di tanti uomini religiosi.

E infine un approccio ecumenico ed interreligioso può aiutare meglio ad educare ad una lettura critica della realtà quando ricorda la forza e utopia dell’immaginazione religiosa presente nelle diverse tradizioni spirituali. L’alfabetizzazione interreligiosa rivolta agli studenti e studentesse non rappresenta un cedimento, ma una proposta coraggiosa e necessaria per i cittadini di domani: hanno imparato fin dalla scuola a convivere con le differenze. 

Oggi quali sono i principali ostacoli a un ripensamento dell’Insegnamento religioso a scuola?
La paura di cambiare e di mettere in discussione quanto acquisito, la paura di perderci nel confronto con la diversità (che invece è quello che ci arricchisce), il senso di incertezza che certo si produce nel confronto con l’alterità. Ma, come sappiamo, per potersi ritrovare serve perdersi. Infine, anche la poca disponibilità ad autocomprendersi in modo nuovo. Ma prima di essere inter, quello di tipo religioso è un dialogo intrareligioso.

Oltre alle paure ci sono anche ostacoli che riguardano la struttura disciplinare dell’IRC. Ad esempio, come afferma il documento del Gruppo di ricerca, il nodo centrale delle criticità sta nella natura confessionale dell’insegnamento religioso in una scuola pubblica e laica. 

Crede ci sia uno spazio di dialogo (con la CEI, con la politica) per modificare l’attuale statuto dell’IRC, come ad esempio ha proposto di recente il vescovo Derio Olivero?
Magari il clima politico non è pronto per questo cambiamento, ma è proprio in un contesto difficile che la comunità cristiana è chiamata ad essere profetica. Un passo indietro (di potere) e due in avanti di futuro, come ha scritto mons. Olivero. Credo sia questa la strada da percorrere.

Non si può poi dimenticare che l’attuale assetto istituzionale dell’IRC dipende dal Concordato. Su un accordo tra Stati, come sappiamo, è sempre complesso intervenire.

Il vostro gruppo di ricerca consegnerà, nei prossimi giorni, un report alla CEI. In sintesi, che cosa chiedete?
In primis, una riforma radicale dell’insegnamento religioso a scuola, passando da un modello confessionale e facoltativo a uno laico, curriculare e orientato alla prospettiva interculturale e interreligiosa.

Se questo non fosse ancora possibile, si chiede di lavorare per una formazione dei docenti in chiave interculturale ed interreligiosa magari attivando percorsi formativi adeguati (ex. un master in didattica del dialogo ecumenico ed interreligioso rivolto ai docenti)

Pensiamo sia ormai maturo il tempo di avviare un processo che restituisca dignità scolastica allo studio del fatto religioso, offrendo a studentesse e studenti un’autentica alfabetizzazione religiosa, oggi più che mai indispensabile per comprendere la società contemporanea e per educare alla convivialità delle differenze.

– – – – – Note
[1] Marco Dal Corso è docente di IRC e docente di dialogo interreligioso all’ISE di Venezia e fa parte del “Gruppo di ricerca per un nuovo insegnamento della religione a scuola“, presso l’Istituto Studi Ecumenici di Venezia 

1. Dibattito in corso sul tema:
Gruppo di studio, Insegnamento della religione: occorre superare la confessionalità (15.9.2025)
Noi siamo Chiesa, Nota in merito all’articolo di mons. Olivero (11.10.2024)
Brunetto SalvaraniRipensare l’ora di religione (settimananews, 9.10.2024)
Ilaria ValenziIl rischio di un monoconfessionalismo di Stato (nev.it, 25.9.2024)
Derio Olivero, Verso un nuovo statuto dell’‘ora di religione’ nella scuola pubblica (Rivista del clero italiano, n.7/8, 2024)

2. Articoli correlati nel nostro sito:
Filippo Binini
, Oggi serve un insegnamento della religione al plurale
Elio Damiano, Insegnamento della religione, tanto rumore per nulla?

[Pubblicato il 24.10.2025]
[L’immagine  è ripresa dal sito: www.playcasoria.it]