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Giorgio De Chirico, Gli sposi (1926)

VERSO IL SINODO/1 LA FAMIGLIA E LE FAMIGLIE

Giorgio De Chirico, Gli sposi (1926)Già dalla fine del giugno scorso è stato pubblicato il corposo documento di lavoro, il cui titolo in latino è Instrumentum laboris, che farà da base al dibattito del prossimo Sinodo dei vescovi (5-19 ottobre). Il testo, che non ha avuto molto risalto sulla stampa, è stato redatto sulla base delle risposte al Questionario, allegato ad un testo preparatorio, pervenute dalle comunità cristiane (diocesi, parrocchie), ma anche da gruppi e associazioni laicali, istituzioni accademiche, nonché da singoli.

Una parte consistente (II parte) dell’Instrumentum laboris è dedicata alle emergenze attuali della famiglia; di questa parte, che presenta la situazione a livello mondiale, pubblicheremo tra settembre e ottobre, ampi stralci, continuando così il nostro impegno informativo su un importante e delicato passaggio della vita della Chiesa cattolica.

N.B.Il titolo è redazionale, mentre i titoletti sono quelli originali. La numerazione dei paragrafi è la stessa dell’Instumentum laboris.

* * *

80. Dalle risposte emerge la comune considerazione che, nell’ambito di quelle che possono definirsi situazioni matrimoniali difficili, si celano storie di grande sofferenza, come pure testimonianze di sincero amore. […] La vera urgenza pastorale è quella di permettere a queste persone di curare le ferite, di guarire e di riprendere a camminare insieme a tutta la comunità ecclesiale. La misericordia di Dio non provvede ad una copertura temporanea del nostro male, altresì, apre radicalmente la vita alla riconciliazione, conferendole nuova fiducia e serenità, mediante un vero rinnovamento. La pastorale familiare, lungi dal chiudersi in uno sguardo legalista, ha la missione di ricordare la grande vocazione all’amore a cui la persona è chiamata, e di aiutarla a vivere all’altezza della sua dignità.

Le convivenze
81. Nelle risposte provenienti da tutte le aree geografiche, si rileva il numero crescente di coppie che convivono ad experimentum, senza alcun matrimonio né canonico né civile e senza alcuna registrazione. Soprattutto in Europa e in America, il termine è considerato improprio, in quanto spesso non si tratta di un “esperimento”, ovvero di un periodo di prova, ma di una forma stabile di vita. Talvolta, il matrimonio avviene dopo la nascita del primo bambino, in modo che nozze e battesimo si celebrino insieme. Le statistiche tendono a notare un’incidenza alta di tale realtà: si sottolinea una certa differenza tra zone rurali (convivenze più scarse) e zone urbane (ad esempio in Europa, Asia, America Latina). La convivenza è più comune in Europa e in America del Nord, in crescita in America Latina, quasi inesistente nei Paesi Arabi, minore in Asia. In alcune zone dell’America Latina, la convivenza è piuttosto un’abitudine rurale, integrata nella cultura indigena (servinacuy: matrimonio a prova). In Africa si pratica il matrimonio a tappe, legato alla comprovazione della fecondità della donna, che implica una sorta di legame tra le due famiglie in questione. Nel contesto europeo, le situazioni della convivenza sono molto diversificate; da una parte, si risente talvolta dell’influsso dell’ideologia marxista; altrove, si configura come una opzione morale giustificata.

82. Tra le ragioni sociali che portano alla convivenza si registrano: politiche familiari inadeguate a sostenere la famiglia; problemi finanziari; disoccupazione giovanile; mancanza di un’abitazione. Da questi ed altri fattori consegue la tendenza a dilazionare il matrimonio. In tal senso, gioca un ruolo anche il timore circa l’impegno che comporta l’accoglienza dei figli (in particolare in Europa e in America Latina). Molti pensano che nella convivenza si possa “testare” l’eventuale riuscita del matrimonio, prima di celebrare le nozze. Altri indicano come motivo a favore della convivenza, la scarsa formazione sul matrimonio. Per molti altri ancora la convivenza rappresenta la possibilità di vivere insieme senza alcuna decisione definitiva o impegnativa a livello istituzionale. Tra le linee di azione pastorale proposte troviamo le seguenti: offrire, fin dall’adolescenza, un percorso che apprezzi la bellezza del matrimonio; formare operatori pastorali sui temi del matrimonio e della famiglia. Si segnala anche la testimonianza di gruppi di giovani che si preparano al matrimonio con un fidanzamento vissuto in castità. 

Le unioni di fatto
83. Le convivenze ad experimentum, molto spesso, corrispondono ad unioni libere di fatto, senza riconoscimento civile o religioso. Si deve tener conto che il riconoscimento civile di tali forme, in alcuni Paesi, non equivale al matrimonio, in quanto esiste una legislazione specifica sulle unioni libere di fatto. Nonostante ciò cresce il numero delle coppie che non chiedono alcuna forma di registrazione. Nei Paesi occidentali – si segnala –, la società ormai non vede più questa situazione come problematica. In altri (ad esempio, nei Paesi Arabi), rimane invece molto raro un matrimonio senza riconoscimento civile e religioso. Tra i motivi di tale situazione si segnalano, principalmente nei Paesi occidentali, il mancato aiuto da parte dello Stato, per il quale la famiglia non ha più un valore particolare; la percezione dell’amore come fatto privato senza ruolo pubblico; la mancanza di politiche familiari, per cui si percepisce lo sposarsi come una perdita economica. Un problema particolare è costituito dagli immigrati, soprattutto quando illegali, perché temono di essere identificati come tali nel momento in cui cercassero riconoscimento pubblico del loro matrimonio.

84. Legata al modo di vita dell’Occidente, ma diffusa anche in altri Paesi, appare un’idea di libertà che considera il legame matrimoniale una perdita della libertà della persona; incide la scarsa formazione dei giovani, che non pensano sia possibile un amore per tutta la vita; inoltre, i media promuovono ampiamente questo stile di vita tra i giovani. Spesso, la convivenza e le unioni libere sono sintomo del fatto che i giovani tendono a prolungare la loro adolescenza e pensano che il matrimonio sia troppo impegnativo, hanno paura davanti a un’avventura troppo grande per loro (cf. Papa Francesco, Discorso ai fidanzati del 14 febbraio 2014).

85. Tra le possibili linee di azione pastorale, al riguardo, si ritiene essenziale aiutare i giovani ad uscire da una visione romantica dell’amore, percepito solo come un sentimento intenso verso l’altro, e non come risposta personale ad un’altra persona, nell’ambito di un progetto comune di vita, in cui si dischiude un grande mistero e una grande promessa. I percorsi pastorali devono farsi carico dell’educazione all’affettività, con un processo remoto che inizi già nell’infanzia, come anche di un sostegno ai giovani nelle fasi del fidanzamento, mostrandone il rilievo comunitario e liturgico. Occorre insegnare loro ad aprirsi al mistero del Creatore, che si manifesta nel loro amore, perché comprendano la portata del loro consenso; bisogna ricuperare il legame tra famiglia e società, per uscire da una visione isolata dell’amore; infine, si deve trasmettere ai giovani la certezza che non sono soli nel costruire la propria famiglia, perché la Chiesa li affianca come “famiglia di famiglie”. Decisiva, al riguardo, è la dimensione della “compagnia”, mediante la quale la Chiesa si manifesta come presenza amorevole, che si prende particolare cura dei fidanzati, incoraggiandoli a farsi compagni di strada, tra loro e con gli altri. 

Separati, divorziati e divorziati risposati
86. Dalle risposte risulta che la realtà dei separati, divorziati e divorziati risposati è rilevante in Europa e in tutta l’America; molto meno in Africa e in Asia. Dato il fenomeno in crescita di queste situazioni, molti genitori sono preoccupati per il futuro dei loro figli. Inoltre, viene notato che il numero crescente di conviventi rende il problema dei divorzi meno rilevante: la gente gradatamente divorzia di meno, perché in realtà tende a sposarsi sempre di meno. In certi contesti, la situazione è diversa: non c’è divorzio perché non c’è matrimonio civile (nei Paesi Arabi e in qualche Paese dell’Asia).

I figli e coloro che restano soli
87. Un’altra questione sollevata è quella riguardante i figli dei separati e dei divorziati. Si nota che da parte della società manca un’attenzione nei loro confronti. Su di essi ricade il peso dei conflitti matrimoniali di cui la Chiesa è chiamata a prendersi cura. Anche i genitori dei divorziati, che soffrono le conseguenze della rottura del matrimonio e spesso devono supplire ai disagi della situazione di questi figli, devono essere sostenuti da parte della Chiesa. Circa i divorziati e i separati che restano fedeli al vincolo matrimoniale si richiede ancora un’ attenzione per la loro situazione che spesso è vissuta in solitudine e povertà. Risulta che questi sono pure i “nuovi poveri”.

Le ragazze madri
88. Un’attenzione particolare va data alle madri che non hanno marito e si prendono cura da sole dei figli. La loro condizione è spesso il risultato di storie molto sofferte, non di rado di abbandono. Vanno ammirati anzitutto l’amore e il coraggio con cui hanno accolto la vita concepita nel loro grembo e con cui provvedono alla crescita e all’educazione dei loro figli. Da parte della società civile esse meritano un sostegno speciale, che tenga conto dei tanti sacrifici che affrontano. Da parte della comunità cristiana, poi, va prestata una sollecitudine che faccia loro percepire la Chiesa come vera famiglia dei figli di Dio.

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Per un commento a questa parte vedi: 
http://sperarepertutti.typepad.com/sperare_per_tutti/2014/09/accompagnare-sul-cammino-dellamore.html

Altri articoli apparsi nel sito sul Questionario preparatorio e le risposte:
Comunità pastorale “Crocifisso Risorto” (Saronno)
Famiglia in contesto (http://www.viandanti.org/?p=8258)

F. Ferrari
Il Questionario ingombrante (http://www.viandanti.org/?p=7633)

G. Forcesi
In ascolto delle realtà di base (http://www.viandanti.org/?p=6349)

 

 

 

1 Commento su “VERSO IL SINODO/1 LA FAMIGLIA E LE FAMIGLIE”

  1. Al punto 86 sembra quasi che ci si debba rammaricare di non poter amministrare come le autorità in Arabia Saudita e in altri paesi asiatici.

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