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LA TRADIZIONE ISOLAZIONISTA
E IMPERIALE DEGLI STATI UNITI
E LA POLITICA DI TRUMP
Giorgio Vecchio
La storia non si improvvisa e tanto meno la politica. Certo, le personalità più forti possono dare la loro impronta a un’epoca e contribuire a plasmarla. Non a caso, infatti, utilizziamo i nomi dei grandi personaggi per indicare un intero periodo: Napoleone, Hitler, Stalin, Roosevelt o, in casa nostra, Cavour o De Gasperi. Nessuno di questi, o di altri, può però sfuggire al destino del suo popolo, ovvero a quelle eredità, forgiatesi nel corso dei secoli, che ne condizionano, talvolta senza che ce ne accorgiamo, gli sviluppi.
Intendiamoci: la parola “destino” non implica alcun determinismo fatalistico, ma rimanda – semmai – all’immagine che un popolo forgia di se stesso, in un gioco di continui rimandi tra di sé, la propria storia, l’azione dei propri capi e il giudizio altrui.
Non a caso, l’espressione manifest destiny è stata introdotta nel lessico politico americano fin dagli Quaranta dell’Ottocento, per giustificare l’espansionismo verso ovest e la conseguente cacciata dei nativi. In generale, il “destino” dell’Occidente è stato inteso nel senso del dover portare la propria civiltà (intesa come l’unica degna di tal nome) al resto del mondo.
In questa prospettiva, il concetto di “destino” si avvicina a quello di identità nazionale. Con parole più appropriate, autorevoli storici, nel secolo scorso, hanno parlato di “forze profonde”, che guidano la storia del mondo: non solo quelle materiali ed economiche (come voleva il vecchio Marx), ma anche quelle spirituali e culturali, geografiche e geopolitiche, storiche. Al leader il ...
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