IL RITORNO DELLA “LEGGE NATURALE”
MA LE QUESTIONI RESTANO APERTE
Pier Davide Guenzi
Negli scorsi mesi estivi per tre volte papa Leone XIV, in occasione di altrettanti discorsi ai politici e agli amministratori, ha ripreso il tema della legge naturale come criterio in grado di assicurare una base indiscussa e condivisa sia nell’ambito dell’etica personale, sia in riferimento al sistema di leggi per regolare la collettività.[1]
Dubbi e incertezze
Al di là del richiamo nominale, si nota nelle parole del Pontefice l’attenzione a introdurre alcune categorie esplicative del concetto che, tuttavia, sembrano rilanciare tutti i dubbi che da più di mezzo secolo sono stati avanzati sull’idea di “natura” e la sua “normatività”.
Tali dubbi, che hanno preso la forma di esplicite critiche, hanno contribuito a far apparire anacronistico il ricorso all’argomento della lex naturae non solo per il suo retroterra filosofico immediato (la metafisica neo-scolastica cattolica del secondo Ottocento), ma anche in merito alla sua plausibilità per comprendere e valutare i problemi etici della società contemporanea.
Una efficace sintesi delle incertezze teoriche sulla legge naturale è stata proposta da Giannino Piana e merita qui una ripresa esplicita: «il graduale distacco della realtà dall’orizzonte religioso, come esito della secolarizzazione, fa perdere, successivamente, alla “natura” il carattere di rispecchiamento della sapienza divina, mentre l’affermarsi di un modo di pensare antropocentrico e pragmatico riduce la “natura” a semplice campo dell’intervento libero e creativo dell’uomo.
La perdita della dimensione ontologica e la necessità di un dato sicuro cui riferirsi nell’agire fa sì che si identifichi in seguito la “natura” con il dato biologico e la si interpreti in termini assai rigidi, ricorrendo come sostegno al principio di autorità. Il rifiuto del concetto di “natura” e di “legge naturale”, che si è sviluppato in epoca recente, è una forma di reazione a tale modello, privo di attenzione alla dimensione storica dell’esperienza umana» (Persona, corpo, natura. Le radici di un’etica ‘situata’, Queriniana, Brescia 2016, p. 127).
L’attenzione recente del Magistero
Il richiamo di papa Leone XIV alla “legge naturale” se, da una parte, non problematizza la categoria, anche a motivo della brevità e occasionalità delle sue allocuzioni, dall’altra introduce (e accredita) per la sua descrizione alcune caratteristiche che sembrano riportare la riflessione alla dottrina sociale della chiesa tardo ottocentesca, senza tenere in considerazione il dibattito che, durante il pontificato di Benedetto XVI, e su suo esplicito invito, aveva coinvolto alcuni centri accademici mondiali e portato alla pubblicazione del documento di mediazione predisposto dalla Commissione Teologica Internazionale, Alla ricerca di un’etica universale: nuovo sguardo sulla legge naturale (2009), nel quale non mancava di notare come l’ampio ricorso alla legge naturale sia un fenomeno relativamente moderno per il magistero pontificio, da Leone XIII (cfr. enciclica Libertas praestantissimum, 1888) in poi, in quanto si è trattato non solo di «risolvere discussioni morali particolari», ma di «giustificare la propria posizione di fronte a un mondo secolarizzato».
Nel Discorso del 21 giugno 2025, in occasione del Giubileo dei politici, ritroviamo una serie di espressioni tese a sottolineare il carattere originario di un ordinamento in cui la legge naturale si caratterizza in quanto “non scritta da mani d’uomo”; “valida universalmente e in ogni tempo”; “al di là e al di sopra di altre convinzioni di carattere più opinabile” e “che trova nella stessa natura la sua forma più plausibile e convincente”.
Sfide e ripensamenti
Affermazioni di questo tipo rappresentano altrettante sfide non solo nell’ambito del confronto politico democratico, oggetto dell’intervento del pontefice, ma anche per tutti quei significativi riposizionamenti dell’idea di legge naturale sviluppati in questi decenni nell’ambito della riflessione teologica, oltre che per la coscienza e il discernimento nell’agire personale di credenti e non.
In particolare sembra emergere una marcata separazione tra la “razionalità”, quale tratto universale caratterizzante gli esseri umani, insita nel presupposto etico e nei contenuti collegabili alla “legge naturale”, con la pluralità dell’umano nella differenza delle culture e in considerazione della dimensione storica ad esse soggiacente.
La verità della legge naturale sarebbe, da una parte, riflessa in modo immediato e intuitivo attraverso il ricorso alla ragione, tuttavia a prezzo di scorporare quest’ultima dall’ancoramento a un elemento culturale e storico, dunque conferendole una validità “per ogni tempo” e “per ogni dove”. Tale validità scaturirebbe da un rispecchiamento dell’agire a una “natura” che non assume solo la caratteristica di descrivere alcune tendenze proprie della vita degli umani, ma quella di una stringente normatività morale e giuridica.
Un problematico dall’alto al basso
La modalità di accostamento alla legge naturale assume, inoltre, una dinamica top-down, visibile nel suo radicamento teologico nell’ordine della creazione, finendo per accreditare un argomento di autorità che, se pure nelle intenzioni è da comprendere come atto della bontà divina nei confronti degli esseri umani, potrebbe difficilmente integrarsi con la libertà e l’autonomia morale del soggetto.
Soprattutto potrebbe risultare un argomento non ricevibile là dove si volesse sviluppare un dialogo, faticoso e forse a tratti inconcludente, ma irrinunciabile, sulle dimensioni comuni dell’umano e dunque con una dinamica, più che di verticalità, di circolarità, alla ricerca di un possibile consenso etico tra le culture, aperto continuamente agli sviluppi della storia dell’umanità.
In sostanza, la descrizione della legge naturale abbozzata nei Discorsi di Leone potrebbe essere interpretata più che come un “invito” al dialogo e allo sviluppo di una politica attenta alla dignità delle persone, quale argomento di tutela etica per mettere “al riparo” alcuni contenuti dal confronto allargato a tutti i soggetti e, pertanto, rendere difficile l’impegno a riconoscere quegli elementi positivi presenti nella saggezza umana e nelle tradizioni religiose su cui aveva insistito papa Francesco nel suo magistero.
Una reazione allarmata alla modernità?
Non viene rimosso il dubbio se la riproposizione di una siffatta visione di legge naturale corrisponda, più che a un’esigenza costruttiva, a una funzione di rassicurazione, attraverso l’introduzione di un argomento etico ritenuto opportuno per fronteggiare quel relativismo morale associato al soggettivismo ritenuto un discutibile frutto del pensiero moderno. Detto altrimenti, non è fugato il sospetto che alla base del richiamo alla categoria di legge naturale vi sia, più che l’esigenza di un costruttivo dialogo etico tra le culture umane, la reazione allarmata nei confronti della stessa modernità e di possibili evoluzioni incontrollate nel segno di un’etica utilitarista e individualista e di un sistema giuridico stabilito attraverso procedure democratiche puramente recettivo delle istanze di una maggioranza incline ad ampliare alcune espressioni dei diritti di libertà variamente sostenuti a livello di opinione pubblica. A ciò si aggiungerebbe anche il pericolo di mettere fuori gioco l’autorevolezza morale della chiesa cattolica nell’ambito della vita delle persone, della società e delle sue istituzioni.
Le singole affermazioni di papa Leone XIV dovrebbero essere interpretate come una mappa di questioni da riprendere per evitare anacronismi o ingenuità interpretative e lasciar esprimere l’istanza soggiacente all’idea di legge naturale, pur senza necessariamente ricalcarne la concettualizzazione e la forma espositiva legata alla metafisica neo-scolastica.
Ripensare l’antropologia
Tale istanza può esprimersi come impegno a considerare quegli elementi caratteristici per comprendere il soggetto umano nelle relazioni che lo caratterizzano, con il proprio corpo, con la modalità di fare esperienza del suo essere situato nel mondo e nella biosfera, nel dare forma ai legami interpersonali e civili-sociali che ne caratterizzano il suo essere nel tempo e nell’assumere e ricreare quella cultura entro la quale prende forma e si realizza il proprio sé. In questo senso, raccogliendo ancora una preziosa indicazione di Piana, è possibile parlare anche di contenuti etici specifici i quali «altro non sono che l’assunzione delle istanze comportamentali che riflettono il senso delle relazioni originarie ed evidenziano pertanto il dovere di vivere la prossimità come espressione dell’etica dell’humanum» (Persona, corpo, natura. Le radici di un’etica ‘situata’, p. 135).
Per questa operazione occorre ritornare su quei nodi fondamentali, rintracciabili nelle allocuzioni di papa Leone XIV. Tra questi, senza alcuna pretesa di completezza, possiamo indicare, in primo luogo, la sfida teorica di pensare l’universale umano che dovrebbe risultare leggibile nell’altrettanto incontrovertibile elemento della pluralità delle culture nella loro evoluzione storico-temporale e nelle differenti aree del pianeta.
Ma anche la sfida, interna al sapere teologico, di raccordare una categoria filosofica, quale la legge naturale, e giuridica, quale il diritto naturale, con le prospettive etiche di fondo emergenti nelle Scritture ebraico-cristiane e in particolare con un’etica della carità.
Un concetto da “maneggiare con cura” e con coraggio
Per tale operazione si rende necessario un lavoro di ermeneutica delle fonti (filosofiche, teologiche e giuridiche) che tenga conto della ‘distanza’ non solo storica, ma epistemologica, metodologica e concettuale relativa all’impiego della categoria di “legge naturale” con l’ulteriore impegno di districare significati non facilmente armonizzabili seppure accostati nei testi del magistero cattolico in connessione con la legge naturale.
Tali risultano essere i moderni diritti dell’uomo, l’etica personalista, più volte introdotta per ‘correggere’ la possibile deriva a-storica e fisicista nell’interpretazione della legge naturale, o l’etica dei valori umani.
Questo comporta di ‘maneggiare con cura’ l’affollamento di significati, non del tutto convergenti e coerenti, insiti nei concetti di “natura”, “secondo natura” e di “natura umana”, attestati non solo negli sviluppi del pensiero umano, ma anche all’interno della riflessione teologica e nell’uso del magistero.
Occorre, a riguardo, non ricadere in una riduzione naturalistica e cosmologica della stessa legge naturale per non reiterare il rischio di introdurre un modello etico che nei suoi elementi fondamentali (in questo senso “universali” e “immutabili”) accentui in modo indebito una sorta di sottomissione passiva ai dinamismi (biologici) della natura e una eteronomia morale che non si concilierebbe con la dignità e la libertà delle persone umane.
Questo comporta un pensiero più coraggioso nel definire, accanto alle caratteristiche proprie del concetto, il problema dell’accesso del soggetto alla ‘verità’ della legge naturale, superando una riduzione di essa a un’evidenza innata, a un apriori della vita etica.
Il codice fondamentale del “bene da farsi” e del “male da evitarsi” (che esprime tradizionalmente il primo elemento della lex naturae) rinvia all’esperienza morale del soggetto (più che a una norma astratta) e, dunque, ha a che fare con l’orientamento del suo desiderio (coscienza) e la percezione di una prossimità reale e interpellante con l’altro/a e gli altri (responsabilità) oltre che, nella prospettiva credente, con il Tu divino.
Esigenza di un confronto critico
Non può inoltre essere dimenticato il bilanciamento riflessivo tra due tradizionali aspetti legati alla legge naturale: da una parte la sua accessibilità, a motivo della “conformità alla ragione” a ciascun essere umano, indipendentemente dal suo credo religioso, e, dall’altra il ruolo – precisato nel contesto del magistero nel XIX secolo – dell’autorità del magistero a suo interprete e garante.
Tale elemento è comunque da leggere in connessione con una lucida disamina di quegli aspetti per i quali è invocato in modo plausibile il ricorso alla legge naturale: l’incidenza del pensiero tecno-scientifico con il possibile riduzionismo positivista a livello antropologico; l’individualismo incline a separare le scelte personali da una cura complessiva per il bene di tutti gli esseri umani (e della stessa biosfera); una cultura giuridica che potrebbe, in taluni casi, giustificare con la forza della legge espressioni violente ed autoritarie nei confronti dei soggetti più vulnerabili.
Un ultimo elemento problematico a livello teorico risulta l’articolazione tra una evidenza antropologica, quella appunto soggiacente alla ‘ragionevolezza’ della legge naturale come elemento che ne indirizza una sua comprensione universale, e il suo collegamento – secondo un modello forte di causalità e finalità – con il Dio creatore come origine trascendente della legge che regola l’universo e la singola creatura umana.
Tale nesso risulta funzionale a due operazioni che sembrano antitetiche: da una parte mostrare la ricevibilità e l’imperatività della legge naturale in quanto conforme alla ragione; dall’altra giustificare la sua autorità sia a livello fontale-originario (Dio), sia affermando la competenza del magistero cattolico di offrirne la sua corretta interpretazione, in quanto radicata su tale presupposto teologico.[2]
Questo esercizio critico può consentire di riprendere alcuni elementi soggiacenti alla “legge naturale”, evitando la semplice riproposizione nominale di una categoria che non cessa di esser problematica, e così esprimere con maggiore fluidità l’impegno a custodire l’humanum nelle sue irrinunciabili dimensioni costitutive e nei processi storico-evolutivi del suo sviluppo nei singoli soggetti umani, come nelle culture dei popoli.
Pier Davide Guenzi
Presidente dell’Associazione teologica italiana per lo studio della morale (ATISM)
– – – – Note
[1] Leone XIV, Discorso ai Parlamentari in occasione del Giubileo dei governanti, 21 giugno 2025; Discorso ai membri dell’“International Catholic Legislators Netwok”, 23 agosto 2025; Discorso alla delegazione di rappresentanti politici e personalità civili della Val de Marn nella diocesi di Créteil, in Francia, 28 agosto 2025.
[2] Questa operazione di revisione critica è sviluppata ampiamente in M. Chiodi, P.D. Guenzi, M. Martino, Lex naturae. Storia del concetto, teologia biblica e questioni teoriche, Cantagalli, Siena 2022.
[Pubblicato il 2.10.2025]
[L’immagine è ripresa dal sito: palomar.edu]