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LEONE XIV: UNIRE LA CHIESA
E PACIFICARE IL MONDO

Franco Ferrari

Il filo rosso che lega i primi discorsi di Leone XIV porta l’attenzione a un duplice obiettivo, anzi probabilmente al programma del pontificato: unire la Chiesa e pacificare il mondo.

Dalla morte di Francesco ad oggi l’attenzione della grande stampa e anche un po’ di tutti noi è andata alla sfera di cristallo, prima per indovinare chi poteva essere il nuovo papa e poi, superata la sorpresa, per capire cosa farà Leone XIV.

Discorsi con un duplice destinatario
I primi discorsi sembrano darci, se non una risposta esaustiva, diverse indicazioni. Innanzitutto i destinatari dei brevi e molto puntuali discorsi sembrano essere due: uno interno alla Chiesa e l’altro ai governanti.

Dopo il “terremoto” del pontificato francescano, papa Leone, trova una Chiesa che ha due problemi, da un lato metabolizzare e completare “i processi” avviati, in particolare il passaggio ad una forma di Chiesa caratterizzata dalla sinodalità; dall’altro, superare le divisioni che hanno raggiunto una soglia così elevata per cui persino vescovi e cardinali hanno “sfidato” pubblicamente il Vescovo di Roma. A questo proposito sarebbe bene considerare anche che le divisioni hanno radici precedenti all’ultimo pontificato: la velocità impressa al cambiamento (riforma) da Francesco le ha costrette a manifestarsi in modo eclatante.

In secondo luogo, l’ormai consolidata realtà di una “terza guerra mondiale a pezzi” ha reso urgentissima una presenza diplomatica e geopolitica di un attore terzo che parli e operi attivamente per presentare ai governanti le ragioni della fratellanza umana e l’esigenza di riannodare i fili del dialogo.

Quale pace?
L’insistenza del nuovo Vescovo di Roma sulla pace ha richiamato immediatamente l’attenzione, ma di quale pace si tratta? La “pace disarmata e disarmante” di cui ci ha parlato papa Leone dal primo apparire alla loggia delle benedizioni è la “pace di Cristo Risorto”, una pace radicata nell’amore salvifico di Cristo per gli uomini e il mondo. Una pace che “non è il silenzio tombale dopo il conflitto, non è il risultato della sopraffazione, ma è un dono che guarda alle persone e ne riattiva la vita”, dunque una realtà che supera la semplice situazione di non guerra e dei trattati tra gli Stati. Affinché “questa pace si diffonda” Leone XIV ha detto ai rappresentanti delle Chiese Orientali, che convivono quotidianamente con gli orrori della guerra, “impiegherò ogni sforzo”.

Non si tratta però di un semplice irenismo avulso dalla storia. La pace “umile e perseverante” alla quale pensa il papa l’ha esplicitato nel discorso al Corpo diplomatico: è “un dono attivo, coinvolgente, che interessa e impegna ciascuno di noi”, “esige di praticare la giustizia”. Ed è “compito di chi ha responsabilità di governo adoperarsi per costruire società civili armoniche e pacificate”.

Per questo l’azione diplomatica della Santa Sede sarà animata “da una urgenza pastorale che la spinge non a cercare privilegi” ma a combattere “ogni indifferenza”, richiamando le coscienze, ad essere attente “al grido dei poveri, dei bisognosi e degli emarginati”.

La Segreteria di Stato perciò diventerà uno strumento centrale nell’azione del pontificato, già è stata annunciata la disponibilità del Vaticano ad ospitare incontri “perché i nemici si guardino negli occhi, perché ai popoli sia restituita una speranza e sia ridata la dignità che meritano, la dignità della pace”.

Sulla scia del Concilio
Sul versante intra ecclesiale papa Leone si è espresso con parole e gesti.

Ha riportato in un alveo più prevedibile il cerimoniale (con qualche marginale ripresa del latino), senza dimenticare le semplificazioni di Francesco.

Importanti sono invece i segnali lanciati nei primi discorsi, che possono rispondere alla domanda che novatori e tradizionalisti continuano a porsi: a quale modello di Chiesa pensa oggi il Vescovo di Roma?

Con uno slogan che può sembrare semplicistico si potrebbe dire: una Chiesa unita nella continuità. Ma quale continuità?

Ai cardinali riuniti subito dopo l’elezione, papa Leone ha chiesto di rinnovare, con lui, “la piena adesione alla via che ormai da decenni la Chiesa universale sta percorrendo sulla scia del Concilio Vaticano II”, ritenendo che il suo predecessore ne abbia “richiamato e attualizzato magistralmente i contenuti nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium”. Non solo una citazione, ma anche il richiamo di alcuni significativi passaggi: dalla conversione missionaria, all’attenzione agli “scartati”, dalla collegialità al dialogo coraggioso e fiducioso con il mondo contemporaneo.

Una Chiesa che “illumina le notti del mondo, attraverso la santità dei suoi membri”, che non chiude le porte “pensando che noi abbiamo tutta la verità e nessun altro può dirci niente”.

Una Chiesa unita, sinodale, ecumenica
Il grande desiderio di papa Leone, espresso nell’omelia di inizio pontificato, è stato quello di “una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato”. Così come nel primo annuncio dopo l’elezione con forza ha detto: “vogliamo essere una Chiesa sinodale, una Chiesa che cammina”.

In attesa delle prove che lo attenderanno per raggiungere questi obiettivi, possiamo considerare le diverse sottolineature di questi primi giorni.

Il lavoro di squadra. Indubbiamente Francesco aveva preferito una presenza molto autocentrata, che forse nel tempo si è trasformata, se così si può dire, in un’arrampicata “in solitaria”, il cardinale Prevost ha invece mandato segnali di voler lavorare in squadra.

Ai cardinali ha detto subito “siete i più stretti collaboratori del Papa”, accettando la richiesta “di un incontro di condivisione con il Collegio Cardinalizio per poter sentire quali consigli, suggerimenti, proposte, cose molto concrete, di cui si è già parlato un po’ nei giorni prima del Conclave”, che si è tenuto subito dopo a porte chiuse.

Più solennemente nell’omelia di inizio pontificato ha detto: “Pietro deve pascere il gregge senza cedere mai alla tentazione di essere un condottiero solitario o un capo posto al di sopra degli altri, facendosi padrone delle persone a lui affidate (cfr 1Pt 5,3); al contrario, a lui è richiesto di servire la fede dei fratelli, camminando insieme a loro” e ancora al Corpo diplomatico ha sottolineato che “tramite il costante e paziente lavoro della Segreteria di Stato, intendo consolidare la conoscenza e il dialogo con voi”.

Messaggi molto rassicuranti per la Curia e i cardinali, guardando al grande desiderio di ricomporre le divisioni.

Attenzione al dialogo ecumenico e interreligioso. Papa Leone ha ripetuto di essere il “Vescovo della Chiesa che è in Roma, chiamata a presiedere nella carità la Chiesa universale” e che “la sua vera autorità è la carità di Cristo”. La ricerca dell’unità va fatta non solo all’interno della Chiesa cattolica, ma anche con “le Chiese cristiane sorelle, con coloro che percorrono altri cammini religiosi, con chi coltiva l’inquietudine della ricerca di Dio”. 

Alcuni nodi da considerare
Sul percorso della pacificazione della Chiesa (“il primo grande desiderio”), papa Leone potrebbe incontrare alcuni snodi difficilmente superabili.

La questione degli abusi. Una piaga dolorosissima, che al momento è scomparsa dai discorsi e dalle omelie sia della messa esequiale per Francesco, – nella quale il cardinale Re aveva ricordato l’impegno per il cambiamento dimenticando due parole: abusi e sinodalità -, sia dei novendiali, sia dai primi interventi (8-19 maggio) di papa Leone. Una questione che nonostante l’incontro del febbraio 2019, promosso da papa Francesco, fatica, per diverse ragioni, ad essere affrontata dagli episcopati. Le parole d’ordine, che sembrano dimenticate, erano state: responsabilità, affidabilità e trasparenza.

I Maga (Make America Great Again). Il suo massimo esponente, Steve Bannon (ex di molte cose tra le quali ex direttore del giornale di estrema destra Breitbart News), si è espresso chiaramente su papa Leone: “E’ stata la scelta peggiore”. Contigui a questa grande categoria ci sono i vari gruppi e movimenti conservatori/reazionari del mondo cattolico non solo statunitense, al quale fino ad oggi hanno partecipato anche alcuni vescovi e qualche cardinale. Si tratterà di capire se queste realtà, che in sostanza vogliono tornare a prima del Vaticano II, riterranno sufficientemente rispondente ai loro desiderata l’azione di papa Leone o se riprenderanno i loro attacchi non sempre appropriati nella forma e nel contenuto.

Dottrina/Tradizione. Papa Leone, come il suo predecessore, pensa ad una Chiesa che si “lascia inquietare dalla storia” (Omelia inizio pontificato). Le inquietudini che la storia sta lanciando alla Chiesa da molto tempo (il cardinale Martini aveva quantificato in 200 anni) vanno a toccare il tema della reinterpretazione della dottrina e della Tradizione. Molte di queste questioni sono contenute nei temi affidati da papa Francesco ai 10 gruppi di studio nati dalla prima sessione (2023) del Sinodo dei vescovi dedicato alla sinodalità (2021-2024). Questa è la vera sfida che il nuovo Vescovo di Roma ha di fronte per mantenere unita una “Chiesa che cammina”.

Franco Ferrari
Presidente Associazione Viandanti

[Pubblicato l’ 22.5.2025]
[L’immagine  è ripresa dal sito: Vatican news]

2 Commenti su “LEONE XIV: UNIRE LA CHIESA
E PACIFICARE IL MONDO”

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