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UN LASCITO IN BOTTIGLIA
Quando Baget Bozzo esplorava la teologia del sesso

Torno su Baget Bozzo evocatore di un’inedita teologia della sessualità e dell’omosessualità. Ne avevo accennato nel luglio dell’anno scorso ricordando don Gianni a 10 anni dalla morte (1925-2009; cf. Regno-att. 14/2019,447s), ma ora – in capo a una rinnovata indagine tra le sue carte – ho dell’altro tra le mani: qualcosa che potrebbe portarci a riconoscere in lui un anticipatore di nuovi cammini perché il Vangelo abbia cittadinanza nell’umanità di domani.
Avevo qui sostenuto l’anno scorso che l’eredità più viva di don Gianni mi appariva la sua difesa degli omosessuali, condotta con una serie di testi pubblicati nell’arco di un trentennio e mai recepiti da nessuno, giunti ai nostri giorni come un lascito in bottiglia. Invitavo i cultori della sua memoria a cercare altre pepite nel pagliaio sparso dei suoi scritti.

Dal «mistero del sesso» a «fede e omosessualità»
I cultori della memoria di don Gianni sono molti. Nel decennale della morte hanno tenuto due convegni: uno a Genova, la sua città; e un altro a Roma, teatro di molte sue stagioni. Ero relatore ad ambedue, essendo stato all’origine della sua collaborazione a La Repubblica quand’ero vaticanista di quel quotidiano, nel 1976. In quei due convegni mi avvidi che, ragionando dell’eredità di don Gianni, nessuno segnalava la riflessione sessuale e omosessuale che invece a me pare importante.
Lungo l’anno del decennale ho continuato l’indagine. Aiutato da Patrizio Odetti, presidente del Centro studi don Gianni Baget Bozzo di Genova, ho rintracciato altri suoi testi sull’ardua materia e ne ho raccolti 16 in un volume che uscirà per Luni Editrice con questa copertina: Gianni Baget Bozzo. Per una teologia dell’omosessualità. Gli scritti del prete e politico di Genova che anticiparono papa Francesco.
Con questa puntata della rubrica do conto delle due acquisizioni di maggiore interesse che credo d’aver ottenuto con la mia indagine: che cosa intendesse don Gianni con i concetti «teologia del sesso» e «teologia dell’omosessualità»; se sia possibile segnalare la funzione anticipatrice da lui svolta in questo campo, mettendo a confronto i suoi testi con l’attuale dibattito.
Sulla questione teologica i testi chiave di Baget Bozzo sono due, e sono anche i più estesi tra i 16 da me raccolti: un mini-saggio pubblicato sulla rivista Testimonianze nel 1976 con il titolo «Il mistero del sesso» e una più ampia conferenza sul tema «Fede e omosessualità» che tiene a Genova nel 1984.
Il primo di questi due testi è articolato in quattro paragrafi, il terzo dei quali – La dimensione escatologica del sesso – sollecita a lavorare a una «teologia dell’omosessualità» sconosciuta alla storia del pensiero cristiano. Dell’omosessualità – chiarisce don Gianni – «in quanto diversa dalla sodomia, in quanto condizione, non in quanto perversione». Un ripensamento dottrinale che dovrà accompagnare lo sviluppo di «un’economia della misericordia ecclesiale verso gli omosessuali per natura».
Nei trent’anni che seguiranno questa prima uscita, don Gianni approfondirà vari aspetti della questione, trattandoli con un linguaggio più libero, ma nelle 30 righe di quel paragrafo c’è, in nuce, quanto svilupperà in seguito. A quanto mi risulta, questo testo è l’unico suo in cui compare l’espressione «teologia dell’omosessualità»: il concetto torna poi altrove, ma quel logo così forte è solo qui.

Un problema teologico cioè un problema di Dio
Il secondo testo – la conferenza di Genova – è più coraggioso: «Il tema che mi è stato richiesto di trattare è un grave problema teologico: non di morale ma di teologia in senso strettissimo. Cioè, etimologicamente, un problema di Dio». Afferma che il «problema dell’omosessuale» la Chiesa lo risolverà solo quando riuscirà a «trovare una sufficiente finalità al sesso che non sia l’attività procreativa», cioè solo quando riconoscerà che «l’amore carnale è una via all’amore di Dio». Per arrivare a questo è necessario «un salto storico» che chiama in causa l’intera concezione cristiana della corporeità, dal rapporto uomo-donna alla relazione «tra l’eros spirituale e l’amore carnale».
Questo testo propone interrogazioni che forse nessuno tra i teologi italiani di quella stagione ebbe il coraggio di formulare. Il «salto storico» che postula, don Gianni non sa come possa essere compiuto, ma non dubita che arriverà e porterà con sé un mutamento tale da «cambiare la struttura della Chiesa». «Può la Chiesa sopravvivere a un tale cambiamento?», chiede con disarmata semplicità.
Della rilevanza di questo suo intervento nella Genova del cardinale Siri, don Gianni è consapevole e vi accenna negli ultimi paragrafi, assegnandosi un ruolo nella «creazione di un nuovo linguaggio comune a tutti»: cioè nella ricerca di una modalità condivisa tra cattolici e laici nella trattazione della difficile materia, uscendo per quanto possibile dal linguaggio di scuola e parlandone nella lingua comune dell’epoca. In margine a quella conferenza, con un’intervista all’agenzia ASPE sollecita gli omosessuali cristiani a porsi «come credenti a pieno status».
L’attualità di questi e degli altri testi che ho raccolto è da cercare infatti principalmente sulla frontiera del linguaggio. Un’attualità confermata – in campo cattolico – dalla predicazione di papa Francesco, che parla degli omosessuali con parole simili a quelle azzardate e testate a suo tempo dal nostro don Gianni, in particolare – per dirla con parole comuni ad ambedue – per quanto riguarda la sospensione del giudizio, la pratica del discernimento, il rispettoso accompagnamento.

 Dare forma giuridica alla convivenza gay
Quanto alla sospensione del giudizio, richiamo la famosa affermazione fatta da Francesco nella conversazione in aereo con i giornalisti del 28 luglio 2013: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla?» (cf. Regno-doc. 15,2013,449ss). Nei testi di Baget Bozzo l’invito a non giudicare il gay che «cerca il Signore» è presente costantemente in maniera implicita ed è esplicito in un articolo su Panorama del 9 agosto 1992, che invita a «distinguere il rigore del principio dal caso concreto» e chiede che gli omosessuali non siano esclusi «dalla carità ecclesiale».
Anche la distinzione tra unione civile che può essere riconosciuta alla coppia omosessuale e matrimonio da non riconoscere è un elemento di coincidenza tra il nostro e il cardinale Bergoglio. Quella distinzione è presente in vari testi di Baget Bozzo sull’opportunità di «dare forma giuridica alla convivenza gay» che pubblica intorno all’anno 2000 ed è nel volume Il cielo e la terra di Jorge Mario Bergoglio e di Abraham Skorka che arriva 10 anni più tardi: «Di fronte a un’unione privata non c’è un terzo o una società danneggiati. Se invece le si attribuisce la categoria di matrimonio e le si dà accesso all’adozione, ciò implica il rischio di danneggiare dei bambini» (p. 109 dell’edizione Mondadori 2013; il testo spagnolo è del 2010; cf. Regno-att. 6,2013,122).
In un’intervista del 28 maggio 2019, a Televisa, così Francesco ipotizza il dialogo di un sacerdote con un omosessuale: «Sei figlio di Dio e Dio ti ama così; ora, veditela con Dio». Una risposta straordinariamente simile a quella che don Gianni aveva abbozzato quattro decenni prima in un articolo del 1978 per il quotidiano Il Giorno, nel quale così rispondeva alla domanda di un giovane omosessuale su quale fosse l’intenzione di Dio sulla sua vita: «La condizione omosessuale non è uno sbaglio di Dio, ma un segno della sua presenza».

«Guida anima per anima» e «valutare caso per caso»
Tra Baget Bozzo e Bergoglio-Francesco ci sono anche vistose vicinanze linguistiche. Don Gianni – come abbiamo visto – ama l’espressione «mistero del sesso», per indicare il più profondo della persona umana nel quale non ci è lecito intrometterci. Francesco a tale scopo usa l’espressione «mistero dell’uomo»: «Una volta una persona, in maniera provocatoria, mi chiese se approvavo l’omosessualità. Io allora le risposi con un’altra domanda: “Dimmi: Dio, quando guarda a una persona omosessuale, ne approva l’esistenza con affetto o la respinge condannandola?”. Bisogna sempre considerare la persona. Qui entriamo nel mistero dell’uomo. Nella vita Dio accompagna le persone, e noi dobbiamo accompagnarle a partire dalla loro condizione» (Intervista alle riviste dei gesuiti, 19 settembre 2013).
«Guida anima per anima», dice Baget Bozzo in un testo che ho già citato del 1978 e «valutare caso per caso» è l’indicazione di Francesco: «Bisogna accompagnare con misericordia. Quando questo accade, lo Spirito Santo ispira il sacerdote a dire la cosa più giusta. Questa è anche la grandezza della confessione: il fatto di valutare caso per caso, e di poter discernere qual è la cosa migliore da fare per una persona che cerca Dio e la sua grazia» (ibid.).
In quest’ultima citazione il papa dice degli omosessuali che occorre «accompagnarli con misericordia» e l’appello all’«economia della misericordia ecclesiale» nei loro confronti è frequente nei testi di Baget Bozzo da me raccolti.

Anticipa  di decenni l’approccio bergogliano
Concludo questo raffronto affermando che, in ambito ecclesiastico, Baget Bozzo anticipa di alcuni decenni l’invito che oggi Francesco rivolge a tutta la Chiesa ad abbandonare il tradizionale approccio moralistico all’omosessualità, che mirava al giudizio sulla liceità o meno degli atti omosessuali senza guardare alla complessità dell’esistenza degli uomini e delle donne che vivono la condizione omosessuale.
Non è di poco conto che questo mutamento epocale qui in Italia sia stato prefigurato e ampiamente argomentato, nelle implicazioni sia religiose sia civili, da un prete teologo e politico, nonché creatore di linguaggio, del livello di Baget Bozzo.

Luigi Accattoli

Gianni Baget Bozzo, Per una teologia dell’omosessualità, Luni Editrice, Milano 2020, pp. 144.

Questa recensione è stata pubblicata su “Koinonia” (n. 2/2021), che aderisce alla Rete Viandanti.

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