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Raffaello, Trasfigurazione (1518-1520), particolare [Pinacoteca vaticana]

TRASFIGURAZIONE:
UNA DIVERSITÀ DI SGUARDO SULLA REALTÀ

Gianni Novello

Scrivo queste note dove la vista può spaziare su un grande panorama dall’alto. Sotto, la città con i suoi quartieri, una zona industriale, il mare che lambisce una spiaggia arcuata, i declivi, un santuario, il porto. Quassù i rumori arrivano attutiti dalla distanza. Eppure la città con la sua vita e i suoi traffici sta lì, tanto vicina da sentire verso di essa un bisogno di fuga o la necessità di amarla.
Da qui non vedi le persone eppure son loro a fare di questa città una comunanza di memorie condivise e di obiettivi da attuare, o una convivenza forzata o mal condivisa. Vedi tetti, templi, condomini, palazzi di uffici. Le persone sono lì, dentro.

Salire in alto e guardarsi dentro
Chissà quante volte molti avran sentito la voglia di salire qui per guardare la propria città in silenzio e in silenzio interrogare il cielo e se stessi e prendere le misure delle distanze con gli altri con cui sembra di vivere sempre molto vicino! Vicino o lontano? Come partecipare alle relazioni di questa città? Che cosa ci avvicina ad essa? Cosa me ne allontana? La mia città è un mistero. Come conoscerne l’intreccio degli affetti che la compongono, i sogni delle sue generazioni, gli affanni e i desideri, le sofferenze, le gioie, i drammi, tutto il muoversi della sua vita?

Ora quassù son arrivati altri. Questa montagna è vissuta da ognuno con le proprie domande e ricerche. È il fascino del salire in alto e guardare dentro il proprio cammino di vita. Non solo, anche dentro il senso degli eventi di cui si è testimoni o per lo meno contemporanei.

Alla ricerca del senso che unifica
Gioacchino da Fiore il grande mistico calabrese scriveva che quando il contemplativo sale sull’ alta montagna per pregare non può non portare con sé anche lo strazio del mondo per domandarne il senso a Dio.
Nella cultura africana, che frequento, la pittura rappresenta la sapienza come un uccello che allunga molto il collo al di sopra della realtà in cui mai sono assenti le orme degli antenati. Precedendoci, ci hanno indicato il cammino e il filo rosso conduttore nei labirinti della vita. Occorre però salire sopra la momentanea scomposizione dei nostri pensieri, delle nostre emozioni e sentimenti, per ritrovare la chiarezza del filo conduttore delle memorie e degli orizzonti.
Tra qualche giorno il calendario liturgico mette la festa della Trasfigurazione. Ci ricorda che in giorni di grande paura anche Gesù ha portato in alto sul monte Tabor alcuni dei suoi discepoli, Pietro, Giacomo e Giovanni per aiutarli a ritrovare il filo conduttore. Forse finora al seguito di Gesù avevano vissuto consapevolmente solo frammenti di vita, non una unità di insieme. Trovavano difficile cogliere il filo unificatore del tutto.

Vedere con altri occhi
In quei giorni Gesù aveva annunciato il suo arresto da parte dei poteri della città e poi ancora le torture e la morte ignominiosa sulla croce. Davvero tutto stava finendo? Gesù aveva anche parlato di resurrezione dopo un breve tempo di tre giorni, ma forse questo poteva far parte di quel linguaggio di speranza e di consolazione che talvolta egli usava con loro. Tutto portava allo smarrimento e alla paura. Non c’ era da illudersi. Il silenzio calava tra di loro insieme ad una sensazione di panico inconfessato. Occorreva invece un’altra qualità di silenzio, quello che aiuta a vedere con altri occhi l’insieme di quanto già vissuto e l’ inedito del non ancora. Nel loro profondo Gesù voleva mettere a fuoco questa diversità di sguardo perché, un giorno, nella prova della passione, riuscissero a resistere e ad andare avanti come vedendo l’invisibile (Eb 11,27), quel che con uno sguardo corto non sarebbero riusciti a vedere.

Dalla sfigurazione alla trasfigurazione
Nell’annuncio della passione (Mt 16,21) ora essi riuscivano a immaginarsi soltanto la sfigurazione del loro Cristo che avevano tanto aspettato con il popolo di Israele.
Gesù invece li portava in alto sulla montagna mostrandosi loro in un’esperienza di trasfigurazione, oltre la figura del Servo sofferente di Yahvè delineato tante volte nelle profezie, oltre le paure che ottenebravano già i loro occhi, oltre il panico che stavano vivendo prima ancora di affrontare la realtà della passione. Si mostrava loro trasfigurato perché questa visione si incidesse così fortemente in loro che il giorno in cui lo avessero poi visto sfigurato dal dolore e dal cammino di morte potessero vedere in lui anche tutta la luce e la chiarezza del suo amore. “La veste di lino puro splendente sono le opere giuste dei santi” (Ap.19,8) si sarebbe sentito rivelare san Giovanni scrivendo l’Apocalisse. Matteo, Marco, Luca, avevano messo in rilievo il candore sfolgorante della veste del Trasfigurato.

Trasfigurare la Chiesa
Ora a noi, il Tabor e la Trasfigurazione cosa possono suggerire nell’ oggi della società e della Chiesa? Sembriamo paralizzati dalle crisi odierne quando la crisi potrebbe addirittura diventare una… opportunità per un cambio delle nostre priorità e dei nostri stili di vita.
La Chiesa stessa, nei suoi vari livelli e articolazioni, non deve preferire maggiormente pratiche di luce e di trasparenza, di perdono e di misericordia, di umanità, di opere giuste? Talvolta siamo tentati a esorcizzare le paure e il vuoto spirituale con la pastorale delle grandi concentrazioni, “con i segni del potere piuttosto che con il potere dei segni” – come diceva don Tonino Bello. Nella Chiesa ci sono tante paure da vincere salendo ancora sul monte per guardare dentro le nubolosità della propria vita, e acquisire una spiritualità matura per discernere strade in avanti, per scendere e accorgersi che ci sono già tanti segni di speranza e di fraternità in atto dappertutto nel mondo.

I luoghi e le realtà da trasfigurare
I Vangeli della Trasfigurazione terminano con la richiesta di Pietro di restare nella visione e l’ invito di Gesù a scendere e incarnare la visione nella realtà. Il terreno di questa discesa lo troviamo ben indicato nei luoghi dove il Risorto è apparso.
Dapprima, nel giardino di Gerusalemme dove Gesù era stato sepolto. Si tratta di mettersi a fare del nostro mondo in cui viviamo non uno spazio di violenze, di ingiustizie e di morte, ma un giardino da coltivare e custodire come era stato chiesto all’inizio dell’umanità. Coltivare creando spazi per discernere sulle grandi questioni sociali, culturali e morali che segnano la società odierna, da custodi fedeli che non scappano dall’impegno e dalla ricerca, a tutti i livelli.
Gesù risorto è poi apparso nella casa del Cenacolo dove i discepoli si erano rinchiusi con le loro paure. Gesù vi entra con il saluto della Pace con cui far casa, non rimproverando nessuno neppure Tommaso con la tipicità del suo cammino di fede. In mezzo a tante contraddizioni e complessità dell’oggi, non si tratta di riprendere il sogno del Concilio perché la Chiesa si manifesti casa di relazioni fiduciose, non di giudizio e di sospetto,non di competizione e di esclusione, ma di fraternità in cui sentirsi tutti a proprio agio, come ci si sente a casa propria?
Il Risorto si è manifestato ancora sulla strada di Emmaus come il Dio che cammina a piedi con noi nella fatica della nostra realtà. È uno stile da vivere in tutti gli spazi in cui ci si muove, in politica, in economia, nell’ annuncio delle fedi.
Gesù risorto è apparso sul mare di Tiberiade. Il mare ci fa sognare grandi orizzonti aperti mentre calpestiamo la povera sabbia della riva. Davanti al mare ci sentiamo sospesi tra il sogno e la realtà.
Dopo la Trasfigurazione, il Risorto non ci lascia soli in basso a valle.

Gianni Novello
Fraternità di Romena (AR)

[pubblicato il 26 settembre 2018]
[L’immagine che correda l’articolo è ripresa dal sito: vaticannews.va]

13 Commenti su “TRASFIGURAZIONE:
UNA DIVERSITÀ DI SGUARDO SULLA REALTÀ”

  1. Grazie, Gianni, per la profonda meditazione sulla festa della Trasfigurazione. Le tue parole mi confermano che il cristianesimo è un annuncio di speranza e di gioia che ci spingono a impegnarci per la realizzazione della giustizia e della pace.

  2. Grazie, Gianni, per la bella meditazione che voglio tenermi come un dono prezioso e farne dono anche agli altri amici del Sae che tu hai conosciuto.Dovremo rifletterci molto e farne tesoro per le nostre attività future. Ho ricordato con nostalgia le veglie della vigilia della Trasfigurazione alle quali ho partecipato. Ogni anno il 5 agosto a sera faccio memoria. Grazie per il bene che hai fatto e fai a tutti noi calabresi Dio ti benedica!

  3. Grazie Gianni, il Signore ha ridato la vista ai ciechi, la parola ai muti e l’udito ai sordi! Ritorneremo a vedere, a parlare ed a sentire tutte le cose belle che sono state viste, udite e discusse a Santa Maria delle Grazie. TU, GIULIANA, CORNELIA, MICHE’ siete stati gli artefici di una “trasfigurazione totale” per molti e nei molti mi colloco anch’io, con il mio caratteraccio e le mie debolezze! Faccio memoria in questa sera di vigilia delle veglie alle quali ho partecipato e dalle quali ho attinto sempre qualcosa che potesse migliorarmi. Il non vederti, il non vedervi, presente in mezzo alla gente che avete elevato in dignità ed in sapere mi rattrista tantissimo e con tanto senso di colpa e di rammarico per non aver saputo, io, fare di più, e dovevo e potevo, che oggi ti dico GRAZIE dal più profondo del cuore per tutto quello che hai saputo “trasfigurare” nella mia fragile ed umana persona!

  4. Il gruppo comunitario “Santa Maria delle Grazie” ha ben presente queste tue parole, Fratello Gianni:

    “Nell’annuncio della passione (Mt 16,21) ora essi riuscivano a immaginarsi soltanto la sfigurazione del loro Cristo che avevano tanto aspettato con il popolo di Israele. Gesù invece li portava in alto sulla montagna mostrandosi loro in un’esperienza di trasfigurazione, oltre la figura del Servo sofferente di Yahvè delineato tante volte nelle profezie, oltre le paure che ottenebravano già i loro occhi, oltre il panico che stavano vivendo prima ancora di affrontare la realtà della passione. Si mostrava loro trasfigurato perché questa visione si incidesse così fortemente in loro che il giorno in cui lo avessero poi visto sfigurato dal dolore e dal cammino di morte potessero vedere in lui anche tutta la luce e la chiarezza del suo amore”.

    Le abbiamo molto ben presenti ora che alziamo gli occhi a quel Tabor che è stato la Comunità di Santa Maria delle Grazie. Alziamo gli occhi e non vediamo il suo volto sfigurato dalle intemperie, dall’incuria, dal potere violento di una Gerarchia senza controllo… no, guardiamo al nostro Tabor nel ricordo di quelle esplosioni di luce interiore durante le emozionantissime veglie. Rimane quella una Luce che ha squarciato per sempre le tenebre di una religiosità vuota, di una vita alla base di quel monte senza senso, frenetica, schizofrenica, inconcludente. Siamo e saremo sempre grati per questa Luce al quel sogno di Comunità che tu, Giuliana, Cornelia e tanti altri avete regalato a Rossano, alla Calabria e al Mondo intero.

  5. grazie per averci ricordato la bellezza della festa della Trasfigurazione!

    – bellezza per l’invito a non rimanere nel silenzio della paura ma a “trasfigurarlo” in silenzio di ricerca, di audacia e coraggio
    – bellezza per tutte le veglie di preghiera in comunità a Santa Maria delle Grazie! fare memoria di tutte le realtà di vita, delle situazioni di disperazione e di debolezza portare i tanti “sfigurati” della terra nella preghiera, l’ho sempre vissuto come momento forte, intenso
    – guardo in alto ma insieme a tutti quelli/quello che incontro e mi stanno intorno
    – penso che in molti – lontani-dispersi – questa sera di vigilia faremo memoria gli uni degli altri.

  6. Querido Gianni, muchas gracias por compartir esta excelente reflexión.
    En nuestras ciudades vivimos como vecinos, aunque alejados de diversas formas, y la realidad nos muestra que (lamentablemente) la humanidad ha perdido el hilo conductor que nos permita “encontrarnos en y con el otro”, y tener así una vida plena y no sólo fragmentos de vida. Es también (de alguna manera) la consecuencia de una “mirada corta” que nos impide enfocar en aquello que es verdaderamente importante y elevado.
    También la Iglesia tiene necesidad de transfigurarse, como bien has escrito, para poder presentar el rostro humano y divino de Cristo, a tantas personas que esperan valores trascendentes. Es posible lograrlo desde la vida coherente y comprometida de cada uno de los cristianos, transfigurando nuestras prioridades y estilos de vida.
    Gracias nuevamente por estos pensamientos que “refrescan” el espíritu y nos convocan a trabajar por una familia mejor, por una sociedad y por un mundo que merezcan ser vividos.
    Un gran abrazo, y también una felíz Fiesta de la Transfiguración.
    Con el afecto de siempre,

    Federico

  7. Quanta gente oggi sul tabor…Tanti alla meta, al bivio della scelta interiore. Alla ricerca della verità e della luce. Chiamati alla trasfigurazione, alla trasformazione, a diventare “altro”. E diventare “altro” significa farsi prossimo all’ ”altro”. Grazie Gianni

  8. Grazie Gianni, le tue riflessioni sono sempre un supporto ai nostri cuori e occhi intorpiditi. La staticità invecchia…..lo slancio del vangelo no.
    un bacio

  9. Non c’e’ nulla di piu’ importante nel tempo della crisi che nutrire “semi di speranza”. Questa attitudine comporta pensieri che producono nella realta’ azioni rivoluzionarie. Il percorso che tu, caro Gianni, indichi nell’interpretazione dei Vangeli della Trasfigurazione mi regala proprio la fiducia della possibilita’ reale di “trasformare” eventi personali o sociali di difficolta’ in vita nuova.
    Le indicazioni sono molto chiare.
    Nella vita personale, superare la paura che chiude e blocca, avere il coraggio di camminare a piedi e, quando si e’ troppo stanchi, fermarsi, sostare sul mare a respirare la brezza, darsi il tempo della cura nel Giardino di Gerusalemme e infine guardare tutto dall’alto del monte Tabor.
    Nella vita sociale il percorso e’ altrettanto interessante e promettente.
    A chi di noi non puo’ interessare poter vivere nel Giardino di Gerusalemme, come una citta’ solidale ed equa, vivibile e pulita, dove potersi incontrare e lavorare nell’ordine e nella giustizia?
    La Strada di Emmaus ci porta allora a incontrarci per creare azioni forse semplici, ma “trasfigurative”, attraverso i piccoli passi di ogni giorno,vissuti con creativita’ e fiducia.
    Sul mare di Tiberiade abbiamo la certezza di non essere soli a compiere la strada e ci ritroveremo in tanti a darci la mano con la brezza che soffia leggera.
    Allora grazie per questa preziosa stimolazione che mi invita a “vedere dall’alto del monte Tabor”, lasciando tutte le chiusure, i catenacci e le paure e a vivere una realta’ trasfigurata dalla gioia e dalla fiducia.
    Maria Teresa

  10. Grazie Gianni, per i pensieri, le immagini e gli stimoli liberamente ispirati al racconto della Trasfigurazione.
    Non avrei mai pensato che da tale racconto si potessero generare tante riflessioni su di noi, sul senso della vita, sul mondo con le sue difficoltà, sulla chiesa…
    Il cambiamento, risultato così difficile da ottenere, perché siamo poco disposti a cambiare, rimane sempre una parola chiave per il cristiano.

  11. Grazie Gianni, per averci ancora una volta, con questa profonda riflessione di luci che avvolgono le nostre nebulosità, fatti sentire a Casa nella Chiesa. La casa dell’accoglienza, del perdono e dei piedi scalzi impolverati sullo sterrato dei nostri diversi sentieri. Tutti sentieri, dopo l’avvolgente abbraccio della nube luminosa, che scendono dal monte Tabor nelle nostre valli quotidiane. Camminatori alle sorgenti dell’Assoluto. Shalom!

  12. La Trasfigurazione come momento di pausa, di conforto dalle paure, di discernimento sulla propria vita, a partire da un punto di vista ALTO. Che bello, non ci avevo mai pensato!
    Dall’ALTO possiamo capire quanto siamo bassi certe volte, e possiamo capire il cammino fatto e quello da fare, la strada da scegliere.
    Con occhi NUOVI vediamo la realtà trasformata, trasfigurata, e riusciamo a decidere nella PACE.
    Ci vorrebbe una Trasfigurazione al giorno!

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