I SOGNI ERETICI DI UN VESCOVO
Indice
1. Recensione di G. Codrignani
2. Recensione di E. Peyretti
1. Recensione di Giancarla Codrignani
Anche il papa dice di “sognare”. Ma il sogno è parola ambivalente: Freud i sogni se li faceva raccontare per vedere come stava l’inconscio del paziente. Ma il sogno non è solo il contenuto di visioni notturne, c’è il sogno evocatore di fantasie a occhi (e mente) aperti e questo Francesco lo raccomanda ai giovani: “Sognate, siate svelti e guardate al futuro con coraggio. Fate chiasso, perché il chiasso vostro è il frutto dei vostri sogni” (il 21 novembre 2021). E pochi giorni prima – per il dream day del 25 settembre – “Per essere portatori della speranza è necessario che non perdiate la capacità di sognare… chi non ha la capacità di sognare è rinchiuso in sé stesso… è già andato in pensione”.
Novità nella tradizione predicatoria cattolica. Infatti sono pochi quelli che chi sognano ispirati dall’amore per la loro Chiesa.
Luigi Bettazzi, vescovo emerito, pensionato per pure ragioni anagrafiche, mantiene l’abituale coraggio della persona che “crede” sul serio e spera che i cristiani possano recuperare i sogni del loro fondatore anche oggi, nel 2022.
Si spiega così il titolo sorprendente del suo ultimo libro Sognare eresie, dentro la triade fede, amore, libertà. L’emerito, in procinto di diventare tra due o tre anni centenario (quando diventerà, dice lui, “secolare”) ha sempre cercato di dire con chiarezza cose che – senza abbandonare teologia e dottrina – inquietano le coscienze di chi non ama essere distolto dalle tranquille abitudini. Chi ha meno di quarant’anni non era ancora nato e fatica a capire lo “scandalo” – erano anni di passioni e di tensioni – quando uscì la sua lettera a Berlinguer, segretario del partito comunista. Era di Bettazzi anche La sinistra di Dio, che in apertura esordiva “sono nato mancino”.
Il più giovane dei vescovi chiamati a partecipare al Concilio è un prete sorridente, ma serissimo e perfino “osservante” come scrisse in “Osservante in Ivrea”, la comunità del suo episcopato, dove fu inviato dalla Bologna del cardinal Lercaro e dove rimase, lontano da Roma, fino alla pensione. Ci sta ancora perché ritiene che il vescovo anziano più che emerito, resta, da nonno, nella diocesi in cui è stato padre. Ma il vescovo è il “sovrintendente” della sua comunità, ma anche il testimone un cristianesimo universale che non si riduce al silenzio quando gli anni gli lasciano più libero il pensiero: non cessa l’umana responsabilità. Si può finire nell’eresia?
Bisogna intanto mettersi d’accordo sulla parola: l’eresia secondo la tradizione ecclesiastica, fortunatamente ai nostri giorni senza roghi, è continuata nella mancata libertà nella ricerca teologica producendo sofferenze non meno costose per chi è stato ridotto al silenzio. Sfortunatamente compare tuttora come minaccia nei siti cattolici conservatori. Bettazzi, invece risale all’etimo greco, l’eresia è una “scelta” e l’apostolo Paolo usa la parola per indicare la divisione che si produce tra ricchi e poveri al momento dell’eucaristia.
Luigi Bettazzi la usa per “sognare” la sua Chiesa: Sognare Eresie, alla luce – è il sottotitolo – di Fede, amore e libertà. E affronta i pensieri intriganti che gli vengono da un’esperienza prima di tutto intellettuale (la ragione formula idee per “discernere”) e insieme pastorale (l’intuizione si prende cura dell’amore). Non voglio togliere il piacere della lettura e pongo solo qualche esempio di un invito a vivere da cristiani contemporanei una fase di trasformazione che non può non essere problematica. Riusciamo a dire che se il Vangelo non cambia, noi dobbiamo leggerlo con lo stile del nostro tempo?
Il Cristianesimo nasce ebraico e biblico: la Bibbia possiamo leggerla liberamente solo dopo il Concilio Vaticano II. E’ una narrazione carica di simbologia che è “parola di Dio” nell’interpretazione. Impossibile pensarla letteralmente. Sappiamo del Big Bang: ha bisogno del Dio Creatore? certo, ma prima del Big Bang? E l’uomo, quando arriva? Adam viene creato, immagine di Dio “insieme con Eva” -, ma non è successo letteralmente 4.500 anni fa. E prima? sappiamo di vivere nella fase homo sapiens, molto dopo l’erectus. E prima? quando si forma la coscienza di poter capire e creare i simboli e sentire la libertà? La Chiesa non dà le risposte che, implicitamente, avrebbe se non si trovasse davanti a un bivio rischioso: o perdere chi non capirebbe o i giovani che già se ne vanno. Quando Paolo sosteneva che, tra battezzati, non c’è schiavo né libero, non c’è maschio né femmina perché sono tutti rivestiti di Cristo, ma ribadirà il concetto allargando l’accoglienza ai circoncisi e i non circoncisi al posto dei maschi e femmine: “forse si è accorto – puntualizza Bettazzi – di essersi un po’ spinto in avanti”, come conveniva anche ai suoi tempi misogini. Per l’uguaglianza originaria meglio leggere Teresa D’Avila: “Dio concede grazie più alle donne che agli uomini e le donne ne fanno più profitto degli uomini”). O prendere in considerazione la risposta della teologa Adriana Zarri a Giovanni Paolo II sull’assenza delle donne all’ultima cena che le rende negate all’altare: “non c’era nemmeno nessun polacco”.
Bettazzi non auspica nessun sacerdozio femminile, ma si compiace con le chiese protestanti che riconoscono il presbiterato e l’episcopato e ricorda che durante la dittatura comunista in Cecoslovacchia furono ordinati nella clandestinità uomini sposati e donne. Sogni, ma nessuna “eresia”. Qualcuno deve pur dire quanto è importante sognare. Anche durante la preparazione del Sinodo.
2. Recensione di Enrico Peyretti
Per il cammino sinodale della Chiesa, questo libro è importante. Il vescovo Luigi Bettazzi compie 98 anni. Scrive un libro all’anno per tenersi vivo e continuare a svilupparsi. In questo Sognare eresie propone il senso vero di “eresia” (scelta, preferenza): «scegliere la formulazione di verità tradizionali in modo nuovo, più agevolmente comprensibile e coinvolgente nella mentalità di oggi» (p. 7). Così, affronta problemi di interpretazione nel primo e nel secondo Testamento, nella persona di Gesù, nella nostra vita cristiana, negli esiti ultimi della nostra esistenza.
Come intendere i racconti della creazione, del peccato originale, dell’elezione di un popolo, della violenza religiosa? La ragione analizza la realtà, l’intelligenza intuisce i valori (p. 14). I vangeli sono scritti «con parole che vanno comprese nel significato che ad esse davano gli scrittori» (p. 31). Così si interpretano sempre meglio tanti passi del «gioioso annuncio». Incarnazione, Trinità, amore, gioia, il dolore, la teologia del sacrificio espiatorio, sono discusse e spiegate qui in modo serio e semplice, così da risultare un catechismo aggiornato per chi si interroga sui contenuti della fede cristiana.
Gesù è salvatore di tutti: ma chi non è battezzato? Che ne è del limbo tradizionale? Basta la fede? Bettazzi intende che, poiché ogni persona nasce nella grazia (non nel peccato), basta credere, cioè essere aperti a Dio e agli altri, per avere la vita eterna (cfr p. 72-76).
Che cosa è il Regno di Dio, annunciato da Gesù? Viene alla fine di tutto? No, è già in mezzo a noi, è l’umanità descritta nelle beatitudini, aperta a Dio, che è amore e misericordia. La Chiesa è composta dai “convocati”, comunità di credenti collegate tra loro. Si formano i vari ministeri-servizi. Col tempo, dopo Teodosio, la Chiesa diventa l’istituzione che conosciamo, e il papa, con lo Stato pontificio, darà alla Chiesa “un volto anche politico”, con le relative scissioni, in Oriente e poi in Europa. La sua forma è “piramidale” fino al Concilio Vaticano II, che «rovescia la piramide ponendo al vertice il popolo di Dio». La gerarchia ha il compito «non di comandare ma di servire». È il contrario del clericalismo che papa Francesco deplora come grande male della Chiesa, e anche di quella emarginazione della donna ereditata dal mondo ebraico. Allora, «forse si potrà ripensare a nuove impostazioni ministeriali», come fece la Chiesa primitiva aprendosi “alle genti” e battezzando i non circoncisi, su cui era sceso lo Spirito santo prima dell’acqua del battesimo ( Atti degli Apostoli, cap. 10). Purché si veda che la tradizione non è bloccata sul passato, ma inserisce la verità di sempre nel mondo che si evolve (pp. 76-94).
È paradossale che si vedano come eresia anche alcuni modi di pregare. L’Autore scrive sulla preghiera con solidi appoggi biblici ed esperienze semplici e preziose. Tra l’altro ripropone la tradizione della lectio divina, anche indicando il metodo pratico: lettura, meditazione, contemplazione. Nella preghiera, l’amore per Dio e il desiderio di lui, se è sincero, comporta l’amore per i fratelli, specialmente se bisognosi. E richiede l’umiltà, richiede la pace con gli altri – «vai prima a riconciliarti…» – ed è vera anche se silenziosa, nello Spirito santo, nella gratitudine. È farci umanità in ascolto di Dio. E confida: «Spero sempre di intuire un Gesù che mi sorride» (p. 108). La preghiera eterna di Gesù risorto è la nostra preghiera. Gesù assicura che il Padre darà lo Spirito santo a quelli che glielo chiedono (Luca 11,13).
Gesù, morto per amore, è vivo, «uscito dal tempo», ma resta a pregare con la sua Chiesa. L’eucaristia «non è tanto il rito che ci dà la presenza reale davanti a cui poi pregheremo» (…), ma «è appunto la nostra grande preghiera, perché ci unisce alla preghiera eterna di Gesù». Perciò non si assiste, ma si partecipa, si prende parte, perché è la preghiera di tutti, non solo del prete: sarebbe bello che il canone fosse recitato tutti insieme, come già fanno alcune comunità (p. 118). Paolo parla (1 Cor 11,20) di una cena del Signore che non risulta avere un presbitero che la presieda. Esempi storici (Giappone nel 1600; Amazzonia) mostrano che la Chiesa è popolo di Dio anche quando la gerarchia è assente o presente solo raramente. Si può dire che, come c’è il battesimo di desiderio, così una comunità priva di un ministro ordinato, se rinnova il memoriale dell’Ultima cena, rende presente Gesù con una «eucaristia di desiderio». Perché non consentire la partecipazione all’eucaristia in un’altra confessione cristiana? Sarebbe un’efficace esperienza di ecumenismo. Eresia? Semmai un sogno, un auspicio (p. 122). «La priorità del popolo di Dio sulla gerarchia dovrebbe sconfiggere ogni rivalsa di clericalismo, cioè di predominio del clero sui fedeli».
Venendo poi alle “eresie sociali” – sempre secondo coscienza, nella quale principalmente incontriamo Dio, secondo il Concilio – l’Autore percorre la propria esperienza: educato alla sottomissione, poi la Fuci, gli studi critici, il Concilio, infine la presidenza di Pax Christi, che lo impegnò sul tema e l’azione per la pace, con la presenza anche in paesi sofferenti per guerre e dittature, poi con l’iniziativa di un dialogo umano e civile con Berlinguer. Altre più recenti “eresie” di Bettazzi sono più note: l’offerta, proibita dal Vaticano, di darsi ostaggio per la liberazione di Aldo Moro; la fama di essere vescovo di sinistra (lui dice “vescovo mancino”…).
Ultimissime eresie? Riflessioni aggiornate su morte, eternità, vita nuova, giudizio finale, paradiso, inferno, corpo spirituale, purgatorio, indulgenze, ecc. Siamo tutti eretici, se eresia significa scelta, perché l’essere umano ha il potere e il dovere di scegliere, entro dati limiti reali, evitando sia la volontà di dominio, sia la sottomissione a forze dominanti. Che cosa è veramente la libertà? Non indifferenza, ma libertà di realizzarsi, libertà di amare. La mia libertà implica la libertà degli altri. La libertà degenera nel «populismo come derivazione incestuosa della democrazia», quando si accampano diritti senza doveri. Un caso significativo è quello dell’aborto, per il quale si ottiene la non punibilità. L’embrione è già un essere umano? C’è chi lo ritiene solo una parte della madre. La legge italiana distingue tra i primi mesi e gli ultimi. Oggi si ritiene che l’ovulo appena fecondato sia un essere umano allo stato potenziale, subordinato, nell’opinione comune, all’umanità pienamente attuale della madre. Oggi il magistero della Chiesa sposa, almeno per precauzione, la prima tesi: l’ovulo fecondato è un essere umano. Ma c’è una questione stimolante: circa il 40% degli ovuli fecondati viene disperso prima dell’insediamento nell’utero. È possibile che la natura condanni quasi metà dei progetti-uomo a fallire? Il teologo Enrico Chiavacci proponeva l’umanizzazione al formarsi della corteccia cerebrale (secondo-terzo mese), e all’accoglienza dalla madre, che impersona l’umanità. La Chiesa dovrebbe essere consapevole della grande differenza tra le situazioni (contraccezione, aborti) in cui è in gioco l’inizio di una vita umana. Dio non ci comanda solo un ordine di cose dettato dalla ragione, ma ci apre all’intuizione più ampia, all’amore generoso.
Lo scopo di questo scritto, conclude l’Autore, è ascoltare interrogativi e idee di molte persone, nella comunità cristiana. La tradizione è dinamica, perché l’umanità è multiforme e in costante sviluppo. I profeti disturbano perché vedono avanti. Il solo parlare di quelle intuizioni ha fatto emarginare l’Autore, il quale, all’età che ha, vorrebbe, anche con fatica, proporle al discernimento della comunità. È misterioso il rapporto tra la nostra limitata libertà e l’onniscienza di Dio: noi sappiamo che siamo responsabili e che Dio non soffoca, ma aiuta la nostra libertà, sostenuta e accresciuta dallo Spirito Santo. La “religione” ha il compito di portare questo messaggio fondamentale nella storia, e «perciò corre il rischio di identificarlo con le modalità temporanee», di «rendere perenne ma fragile ciò che è funzionale a quel tempo e a quella umanità». Siamo creati per realizzare la nostra libertà, che cresce in ogni momento, e sarà il nostro io per sempre.
Luigi Bettazzi, Sognare eresie. Fede, amore e libertà, Edizioni Dehoniane, Bologna 2021, pp. 165