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Ilia Delio Il Cristo emergente

IL CRISTO EMERGENTE

Ilia Delio Il Cristo emergente

“Fu il migliore dei tempi, fu il peggiore dei tempi”. Queste le parole dickensiane che introducono il libro di Ilia Delio “Il Cristo emergente”, edito da San Paolo nel 2014. Parole che l’autrice, teologa impegnata nel dialogo tra scienza e religione, trova adatte a descrivere l’oggi della vita cristiano cattolica, combattuta tra tendenze revanchiste e preconciliari, l’oscurità dell’invecchiamento e della dissoluzione in mancanza di un ricambio generazionale, e fermenti di novità che peraltro stentano a chiarire la loro portata e le loro implicazioni. Il tutto in un contesto globale in magmatica trasformazione.

Il libro riprende e approfondisce la visione del grande teologo e paleontologo Teilhard de Chardin, per la quale l’evoluzione sarebbe un’”ascesa biologica” dalla materia allo spirito, un cammino verso forme di vita più complesse che convergeranno infine nel “Cristo Omega”, punto d’approdo e meta dell’evoluzione. La visione evoluzionistica di Teilhard avrebbe donato alla teologia una nuova concezione dinamica e non più statica della creazione e della rivelazione divina, emancipandola dal rigido, esclusivo legame con la metafisica aristotelica e tomistica e aprendola al confronto con gli sviluppi del sapere scientifico.

Le ulteriori scoperte e i progressi della scienza (dalla fisica dei quanti alla teoria dei campi morfogenetici e dei sistemi complessi), integrati nella visione teilhardiana, consentono di pensare alla chiesa come a un sistema aperto agli influssi dell’ambiente e non autoreferenziale, e alla vita cristiana come alla realizzazione di un immenso potenziale dell’anima e non come all’adempimento di una serie di obblighi e doveri. Dio stesso, nella logica evolutiva che fu di Teilhard, Berdjaev, Whitehead, sarebbe un Dio processuale e dinamico, un Dio che si evolve: il dinamismo e il movimento, ribaltando l’assunto tradizionale derivato dalla cultura ellenica, sarebbero perfezioni in Dio, mentre l’immobilità sarebbe imperfezione.

In questa visione cristocentrica, che ha i suoi germi scritturistici nel tema paolino della creazione che geme per le doglie del parto (Rm 8,22), essere coinvolti nel mistero di Cristo vuol dire essere afferrati dallo Spirito della vita nuova, della creatività, dell’immaginazione e dell’apertura al futuro che pone la necessità di un nuovo apparato metafisico. Il concetto di emergenza in natura indica la comparsa di nuove strutture o forme in evoluzione: accadono nuove cose, ed esse sono differenti da ciò che già esiste o è esistito.

La Trinità in questa prospettiva può essere vista come infinito processo emergente: Dio è l’orizzonte, il futuro che ci chiama verso l’essere e la fonte intima del nostro divenire. Duplice obiettivo del libro è studiare Cristo come futuro del nostro divenire e il ruolo della vita cristiana in relazione al Cristo emergente. L’evoluzione è il processo di nascita interiore del Cristo attraverso una progressione di relazioni unificanti e di maggiore complessità, animate dallo Spirito.

L’intera evoluzione è quindi destinata a divenire la pienezza di Cristo. In questo contesto si chiarisce il significato della parola “cattolico”, fedele alla tradizione e, nel contempo, totalmente innovativo nel suo contenuto, contrapponendo un’apertura potenzialmente universale a ciò che è incompleto e parzialmente settario, fazioso, tribale e selettivo. Essere cattolico significa essere un “creatore del tutto”, unire ciò che è separato ed evolvere così verso un’unità più grande. La creazione come incarnazione è il processo della creazione della totalità: una totalità intrinsecamente dialogica e relazionale.

Il libro ha un intento dichiaratamente performativo, che è quello di contribuire a riportare la vita cristiana a partecipare dinamicamente all’evoluzione di Cristo nella storia. Essere cattolici vuol dire essere coinvolti nell’evoluzione, essere presenza dinamica in una relazionalità con Dio che conduce a un tutto più grande, all’unità, a un’evoluzione della coscienza che per sua stessa natura consente a Dio di nascere dall’interno.

La visione medievale della creazione come libro si sposa alla fisica quantistica e alla sua visione di un universo elastico in espansione, interconnesso. L’evoluzione ci aiuta a capire che Dio opera attraverso il disordine della creazione, attraverso la vita piena di eventi casuali o contingenze, nella quale si è inserito come fylum, attraverso l’incarnazione, l’evento Cristo che ne rappresenta anche il fine e il polo attrattivo. Essa comporta un costante emergere di complessità.

La fisica dei quanti introduce la nozione di un universo partecipativo che non fa distinzione tra il processo osservativo e ciò che viene osservato; non c’è un confine tra soggetto e oggetto. La materia non è composta da blocchi elementari, ma piuttosto da complicate reti di relazioni nelle quali l’osservatore costituisce l’anello finale nella catena del processo d’osservazione, e le proprietà di ogni oggetto atomico possono essere comprese solo in termini di interazione tra oggetto e osservatore.

I sistemi aperti sono sensibili alle condizioni iniziali e possono produrre complessi risultati imprevedibili nel tempo. La teoria del caos prevede un ordine sottostante che soggiace a dati apparentemente casuali. Il pensiero sistemico attribuisce grande importanza ai principi di organizzazione del sistema. La relazione è l’essere. Essere è essere in relazione. In quanto esseri umani e società sembriamo essere separati, ma alla radice siamo parte di un tutto indivisibile e siamo parte dello stesso processo cosmico.

Cristo è la Parola incarnata che è il significato più intimo del mondo in evoluzione, è l’essere integrato in cui sorge un nuovo campo d’attività che promuove la totalità. Essere in Cristo è essere in evoluzione, e a meno che non impegniamo le nostre vite in questa direzione attraverso lo sviluppo e la messa a disposizione del nostro potenziale di amore, perderemo sia Cristo sia l’evoluzione, contrastando il dinamismo evolutivo verso l’unità, la pace, la giustizia.
“Possiamo evolverci verso un salutare trans-umanesimo segnato dall’emergenza di Cristo – in una più grande unitarietà nelle nostre relazioni con gli altri e con la terra – o possiamo rattrappirci nella paura di perdere la nostra identità e di essere sopraffatti da qualcosa che è al di fuori del nostro controllo. Dove c’è Cristo c’è complementarietà degli opposti e perciò unità nell’amore.”

Il libro ha senz’altro molti meriti, non ultimo dei quali è la capacità di rivisitare, alla luce delle intuizioni teilhardiane di cui questo saggio rappresenta un aggiornamento, i principali misteri della fede cristiana (Trinità, incarnazione, crocefissione, resurrezione, escatologia) in un’ottica profondamente innovativa. Qualche dubbio sorge, in una riflessione che trascende forse i limiti imposti da una recensione e che andrebbe altrimenti sviluppata, da alcune affermazioni contenute nel testo e da potenziali usi ideologici che della visione ivi proposta potrebbero essere fatti.

Per esempio, l’assunto secondo il quale “il primato appartiene all’intero.” Viene qui richiamato il concetto, derivato dalla scienza, di olone, come qualcosa che è al contempo il tutto e una parte: “Possiamo vedere le persone o come individui o come parte di una comunità che è a sua volta parte di una società.”
Se è vero che certamente l’individuo non è una monade isolata ma è sin dall’origine socializzato ed inserito in una complessa rete di relazioni, vivendo dell’interdipendenza con altri, il richiamo insistito al primato dell’intero e della totalità evoca per contrasto la contestazione di Kirkegaard alla sintesi hegeliana nella quale la comunità (in quel caso lo Stato) ha il primato sul singolo, quindi sulla persona. Tornano in mente anche le derive storico-politiche e settarie che da quella tentazione totalizzante sono derivate: dal primato della totalità sul singolo alla riduzione strumentale della persona a pedina il passo è breve.

Certamente l’autrice, nello sviluppare il tema del rapporto tra il modello cristocentrico e trinitario e l’evoluzione unificante, pone molto l’accento sul fatto che l’unità, la totalità che si viene evolvendo nella storia, è un’unità differenziante. Il dubbio, tuttavia, permane.

Simonetta Giovannini

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