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La pedofilia. Una piaga d’Egitto

Fulvio De Giorgi

Il Corpo di Cristo: è il nutrimento della nostra vita e non possiamo neppure immaginarcene privi. Ma che cosa vuol dire questo oggi?

La “carne di Cristo” al centro del pontificato
Papa Francesco ha messo, potremmo dire, la “carne di Cristo” al centro del suo pontificato: sia in senso liturgico, come fonte e apice della vita di fede, dunque non come anestetico ritualistico, rubricistico, estetizzante e vuoto; sia in senso storico umano concreto (sul piano personale, comunitario e sociale) come fraternità vissuta.

Questa scelta profetica di papa Bergoglio sta ora acquistando una sua pura evidenza evangelica (e non sorprende pertanto che proprio ora si addensino contro di lui le polemiche anticristiane e antievangeliche, mentre i fedeli pregano affinché non tradat eum in animam inimicorum eius).

È un vero e trasparente segno evangelico la coincidenza dell’emergere di due aspetti fondamentali in cui oggi è a repentaglio il Corpo di Cristo. In una omelia del Corpus Domini (23 giugno 2011), già Benedetto XVI aveva osservato: “Chi riconosce Gesù nell’Ostia santa, lo riconosce nel fratello che soffre, che ha fame e ha sete, che è forestiero, ignudo, malato, carcerato; ed è attento ad ogni persona”. In continuità con questa sensibilità, spirituale e pastorale, oggi papa Francesco porta alle sue coerenti conseguenze tale indicazione. Su entrambi gli aspetti.

I corpi violentati dei migranti
Il primo aspetto è dato da quel dramma mondiale – quasi Olocausto del secolo XXI – che è l’esodo in massa di esseri umani, che lasciano le loro terre per fuggire alla violenza o alla morte e tentano una disperata, difficilissima, spesso funesta fuga verso una forse possibile salvezza.

I loro corpi di giovani uomini, di giovani donne talvolta incinte, di bambini e di bambine, sono umiliati e offesi, torturati, feriti, violentati, stuprati. Tanti trovano la morte.

Possiamo dimenticare la foto del corpo del piccolo Aylan, sulla spiaggia di Bodrum? E possiamo ignorare i video delle violenze nei campi libici? Non c’è dubbio, da un punto di vista evangelico: sono Corpo di Cristo.

Chi ha fatto violenza a uno solo di questi piccoli, la ha fatta a Lui: è stato carnefice di Cristo, operatore di iniquità, ministro del Nemico. E chi ostenta indifferenza, se non fastidio, se non ostilità o, comunque, sentimenti negativi e cattivi verso questa “carne di Cristo”, verso il Corpo di Cristo, può essere membro del Corpo mistico di Cristo che è la Chiesa?

Al di là di ogni considerazione diplomatica, economica, politica, perfino umanitaria, è questa la questione decisiva, di nuda fede, che papa Francesco pone ad ognuno: convertiti e credi nel Vangelo.

I corpi violentati dai pedofili
Il secondo aspetto è dato dalla pedofilia del clero: quasi una piaga d’Egitto o un segno apocalittico. Anche qui vi è violenza (fisica, psicologica, morale) su corpi di piccoli. Sul Corpo di Cristo. E anche qui Francesco sta facendo vedere la realtà nella luce evangelica.

No: non si tratta unicamente di peccati contro il VI Comandamento. Non si tratta solo di forme, anche gravissime ed estreme, di impudicizia, di concupiscenza carnale, di peccaminosa perversione sessuale: è questo ed è anche molto di più. Si tratta di atti commessi da ministri di Cristo che non possono non conoscere il Vangelo: eppure hanno fatto una scelta opposta.

Un sacrilegio violento
A me pare indubbio che si tratti di un sacrilegio verso il Corpo di Cristo: questi membri del clero hanno profanato le specie eucaristiche. Nel momento stesso, dunque, in cui hanno violentato e profanato, nei suoi piccoli, il Corpo di Cristo, questi uomini non sono stati più ministri di Cristo ma ministri dell’Anticristo, del Nemico.

Il diritto della Chiesa prevede la scomunica latae sententiae, riservata alla Sede Apostolica, per chi profana le specie consacrate (can. 1367). Ciò vuol dire, a mio avviso, che il prete che commette atti di pedofilia incorre nella scomunica per il fatto stesso di aver commesso il delitto, ipso facto, nel momento preciso in cui lo compie. Anche se non lo sa nessuno.

Coprire, in qualsiasi modo, il violento sacrilegio di costoro significa non solo non difendere i piccoli del Signore, ma anche non aiutare i colpevoli a fuggire la dannazione finale, il “fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli”.

La Chiesa-Corpo di Cristo vive nelle vittime
Inoltre, come ci spiega Francesco, vi è un modo diretto e prossimo di collusione e di copertura omertosa di costoro, ma vi è anche un modo indiretto e remoto di responsabilità: non contrastare quel clericalismo che, distorcendo gravemente i caratteri del presbiterato, costituisce la necessaria premessa del clero pedofilo.

Non tutto il clericalismo, certamente, porta alla pedofilia, ma ogni pedofilia ha alle spalle il clericalismo. Come cristiani, non fare nulla per sradicare il clericalismo equivale al non fare nulla per salvare la vita ai poveri migranti. E cioè, ancora, offendere il Corpo di Cristo e impedire che il Corpo di Cristo custodisca la nostra anima per la vita eterna.

Un’ulteriore forma di clericalismo è appunto quella di vedere, nel caso delle violenze pedofile, la ‘Chiesa’ rappresentata dal clero: come se fosse la Chiesa a perpetrare un’odiosa perversione su estranei.

No: bisogna essere evangelicamente chiari! Nel momento in cui si consuma quel crimine violentatore, la Chiesa-Corpo di Cristo abita e vive nelle piccole vittime. L’estraneo, sicuramente, è il prete: “Vade post me, Satana! Scandalum es mihi”.

Una proposta: la scomunica latae sententiae
Questo non significa, ovviamente, non considerare il problema come una ‘piaga’ della Chiesa e non solo nella Chiesa. Ma significa leggere con sguardo eucaristico le vicende: e non commettere una seconda ingiustizia su quei piccoli del Signore che ne hanno già subita una. Sono loro la Chiesa: il clero pedofilo ne è fuori.

Esprimiamo dunque l’auspicio e la richiesta – sia come misura concreta di prevenzione sia come via per il superamento del clericalismo e dunque e soprattutto come crescita di una mentalità ecclesiale evangelica – che sia esplicitamente prevista, nel diritto canonico, la scomunica latae sententiae per il clero pedofilo.

Fulvio De Giorgi
Professore di Storia dell’Educazione all’Università di Modena e Reggio Emilia.
Coordinatore del Gruppo di Riflessione e Proposta di Viandanti.

7 Commenti su “La pedofilia. Una piaga d’Egitto”

  1. Credo sia necessaria una riflessione onesta e profonda sulle dinamiche psicologiche della pedofilia. Con la sola condanna, non si risolve il problema

  2. Comprendo l’insistenza sul problema della violenza in famiglia. Ma gli abusi e la pedofilia di una parte del clero hanno origini in parte diverse perché hanno un rapporto profondo con il clericalismo, come papa Francesco ha sottolineato. Credo che non si siano approfonditi abbastanza i significati profondi del messaggio al popolo di Dio di papa Francesco. Spero che la proposta della scomunica sia ampiamente ripresa e accolta. Credo che dovremmo approfondire di più questi problemi e i loro complessi rapporti con la riforma della Chiesa.

  3. Non sono un esperto, ma ricordo un intervento dello psicoanalista Luigi Cancrini cha qualche anno mi colpì molto: la pedofilia è insieme un reato che va punito e una malattia che va curata. Va punito chi ha commesso, coperto e tollerato il reato. Ma se è anche malattia dobbiamo scoprirne le cause, e rimuoverle per il futuro. Quelle individuali e quelle culturali. Qual è la concezione della sessualità che ancora prevale nella Chiesa cattolica, se il celibato ecclesiastico è obbligatorio, se la contraccezione è proibita, se il sacerdozio femminile è impensabile?

  4. Se per l’abuso di minori in ambito ecclesiale si chiede la scomunica, cosa si prevede per gli abusi commessi in famiglia, dal genitori sui figli minori? Non mi riferisco alla denuncia difronte alla legge ma alla valutazione morale e religiosa di tale odioso abuso che in passato è stato occultato alla pari di quelli dei preti. Con l’aggravante che, nel caso in cui non ci fosse stata denuncia, cosa che una volta si verificava quasi sempre, il genitore avrebbe potuto continuare a vivere tranquillamente in famiglia.

  5. Ogni violenza sui “piccoli” proprio perché piccoli(indipendentemente dall’età e dal tipo di violenza)offende la carne stessa di Cristo a prescindere da colui che pone violenza – prete o laico, vescovo o ministro. L’esclusione dalla comunione con la Chiesa è opera di misericordia “affinché si converta e viva”.

  6. Sono un sacerdote italiano da 6 anni operante a Los Angeles. Porto nell’anima e nel cuore il peso e la sofferenza della piaga delle pedofilia che colpisce e umilia la Chiesa cattolica in modo particolare qui in America. Condivido la gravita’ del reato/peccato della pedofilia come denunciato nell’articolo “La pedofila una piaga d’Egitto”. Bello l’accostamento tra l’Eucaristia e I corpi umani, entrambi corpi di Cristo. Condivido la maggiore gravita’ del reato/peccato della pedofilia quando perpetrato da persone che ricoprono cariche educative pubbliche e che conoscono bene il Vangelo, come i membri del clero ai diversi livelli di responsabilita’. Non posso condividere, anzi detesto, l’idea che l’articolo, senza volerlo spero, lascia pasasare: pedofilia = clero, clero=pedofilia. Una simile idea e’ oggettivamente falsa, deontologicamente scorretta, pedagogicamente fuorviante per l’analisi e la soluzione del problema della pedofolia.

  7. Mi sembra sempre strano che di un reato (e peccato) così grave non si dica mai che il numero più alto di casi avviene in famiglia. Non per alleggerire la responsabilità del clero, ma perché, come per la violenza sul corpo delle donne che prevalentemente riguarda la famiglia, bisogna ragionare su come perfezionare la nostra umanità senza troppi sconti quando nominiamo la morale.

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