profughi al confine ungherese

UN’EUROPA CHE NON C’E

Sandra Zampa profughi al confine ungherese Hegyeshalom (Ungheria), domenica 27 settembre Alla stazione di Hegyeshalom, tre chilometri dal confine ungherese con Nickledorf,  Austria, non si può che prendere atto che il premier Orban ha vinto la sua partita contro i profughi. Non c'è traccia di loro né del loro dramma se si esclude una presenza di operatori della Croce rossa. Eppure domenica mattina quando sono arrivata alla stazione ne erano giunti da poco 1500-1600. Sembrano scomparsi nel nulla. Solo uno è rimasto qua, in questo paese dove il consenso nei confronti di Orban è di recente cresciuto proprio in ragione del suo rifiuto di accogliere. È rimasto perché era ferito, riferisce il sindaco di Hegyeshalom in un incontro con la piccola delegazione di parlamentari italiani ed europei (Silvia Costa, Flavio Zanonato, Laura Garavini, Nicola Danti, Roberto Cociancich, Mauro Del Barba). Il nostro viaggio per capire come l'Ungheria affronti il problema dell'arrivo dei profughi nel quadro delle regole europee e internazionali va al contrario rispetto a quello dei migranti. Loro giungono per lo più dalla Grecia salendo a piedi fino al confine croato (dove noi saremo nel tardo pomeriggio raggiungendo la piccola Beremend) e lasciano a piedi il territorio ungherese verso l'Austria  dopo essere scesi alla stazione di Hegyeshalom, ultimo baluardo magiaro. Nessuno può avere contatti con i profughi perché appena giù dal treno - di fatto una tradotta con cui dal confine con la Croazia vengono portati ...

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