PER UN’ECONOMIA DEMOCRATICA

Raniero La Valle “Viandanti” mi chiede di spiegare ai suoi amici perché – giuristi, sindacalisti e associazioni diverse - abbiamo recentemente promosso un movimento che si chiama “Economia democratica”. Il nome allude a esperienze analoghe che abbiamo vissuto in Italia quando, nel momento più creativo della vita della Repubblica, sorsero movimenti come “Psichiatria democratica”, “Genitori democratici”, “Insegnanti democratici”, “Magistratura democratica”, che mentre affrontavano problemi che sembravano di settore (la chiusura dei manicomi, l’integrazione dei bambini disabili nelle scuole, il coinvolgimento della società nel processo educativo, l’attuazione dei principi costituzionali nella giurisdizione) in realtà perseguivano beni e valori comuni e hanno cambiato la società tutta intera. La rinuncia della politica Anche l’economia sembra che riguardi solo una dimensione specifica della vita associata, tanto che finora la si è lasciata fare agli economisti, ai banchieri, ai tributaristi, ai bocconiani, mentre la politica andava da tutt’altra parte e si occupava di cose tutte sue. Troppo tardi ci siamo accorti che abbandonando l’economia a se stessa, alle sue ideologie e alla sua durezza di cuore, la politica è venuta meno al suo compito di guidare la società, di assicurare e rendere effettivi i diritti e di provvedere alla vita di tutti: almeno alla “nuda vita”, che ormai nemmeno nelle ricche società dell’Occidente lo Stato riesce più a garantire. A sua volta l’economia capitalistica pretendendo di sottrarsi al vaglio della politica, di farsi legge a se stessa, di presentarsi come l’unica civiltà possibile, l’unico ordine ...

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