PER UN RIFORMISMO CONCILIARE SOGGETTO ATTIVO NELLA CHIESA

Christian Albini I cinquant’anni dall’apertura del concilio Vaticano II sono inevitabilmente un tempo di bilancio. Si passa già dall’attualità alla storia. Non una storia morta, ma che incide vivamente sul presente. Gli ambienti ultratradizionalisti considerano il concilio un errore, una deviazione da correggere che ha provocato la crisi della fede, delle vocazioni, della pratica religiosa. Una posizione che trascura il fatto di vivere in un mondo di cambiamenti accelerati e che la Chiesa cattolica ha sempre cambiato forme, linguaggi e ha vissuto un progresso nella comprensione della rivelazione dentro la storia. La storia della Chiesa ci mostra un rapporto dialettico e fecondo tra continuità e innovazione. Senza il concilio, l’inevitabile crisi sarebbe stata molto più profonda e devastante. Un altro aspetto è la piena attuazione del Vaticano II. Molti ritengono che, negli ultimi due decenni, da parte della gerarchia abbia prevalso un’azione di freno e di resistenza. La conversione è per tutti Si sta celebrando in queste settimane il sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione. Carlo Maria Martini disse già anni fa che evangelizzare vuol dire innanzi tutto evangelizzare se stessi. L’ascolto della Parola che suscita la fede e produce frutti di conversione (cfr. Rm 10,17) è qualcosa che si deve rinnovare sempre. Non solo in ogni generazione, ma nelle diverse stagioni della vita di ciascuno. La vita cristiana è un ricominciare a credere ogni giorno, lo affermavano già i ...

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