di Anselmo Palini
Edith Stein nasce a Breslavia nella Bassa Slesia il 12 ottobre 1891; è l’ultima di undici fratelli di una coppia di commercianti. Gli Stein erano ebrei tedeschi pienamente integrati. Dopo gli studi di base e quelli liceali, affrontati brillantemente, nel 1911 inizia a studiare germanistica, psicologia e filosofia, all’Università di Breslavia, la sua città natale, e in seguito a Gottinga. Nel 1916 Edith Stein diviene assistente di Edmund Husserl, professore ordinario presso l’Università di Friburgo. Edith in tali anni entra in contatto diretto con i maggiori filosofi del tempo: da Jacques Maritain a Max Scheler fino a Martin Heidegger. Nell’estate del 1921 giunge a compimento un cammino di avvicinamento alla fede cattolica che, sempre più coscientemente, Edith stava compiendo: l’adesione al cattolicesimo non rappresenta per Edith il ripudio della religione ebraica ma in un certo senso il compimento della stessa.
Abbandonato il lavoro come assistente di Husserl, Edith si dedica all’insegnamento prima presso le domenicane di Spira, poi a Münster. All’inizio degli anni Trenta tenta la strada dell’abilitazione all’insegnamento universitario ma tutto è inutile. Alle donne questo in Germania è precluso. E poi c’è un altro insormontabile ostacolo: lei è di origini ebraiche e in Germania l’antisemitismo è ormai molto diffuso.
Edith Stein sceglie questo punto di entrare in convento. Da qui il 12 aprile 1933, dopo soli due mesi di governo hitleriano, Edith Stein scrive una lettera a Pio XI per sollecitare un suo intervento formale contro il nazismo. Non è dato sapere che effetto abbia avuto sul Papa la lettera di Edith Stein. Un dato di fatto non certo in sintonia con la richiesta della filosofa tedesca è, pochi mesi dopo la lettera, la firma del Concordato fra il Vaticano e il governo nazista. Questo fatto rappresenta per Hitler un grande successo, una patente di legittimità valida a livello internazionale. Comunque il 14 marzo 1937 Pio XI pubblica l’enciclica Mit brennender Sorge (Con viva angoscia), dove, pur senza mai citarlo esplicitamente, condanna il nazionalsocialismo.
Edith poi entra nel Carmelo di Colonia e vi rimane per cinque anni. È la conclusione di un lungo percorso di ricerca, alla scuola della mistica di San Giovanni della Croce e di Santa Teresa d’Avila. Il 31 dicembre 1938 lascia Colonia e la Germania e si rifugia in Olanda, paese ritenuto più sicuro, dove viene accolta nel Carmelo di Echt, dove rimane dal 1° gennaio 1938 al 2 agosto 1942. Il 2 agosto 1942 Edith e la sorella Rosa vengono prelevate dal loro convento dalla Gestapo e deportate nel campo di Westerbork. Il 7 agosto Edith Stein e la sorella vengono fatte salire su un treno che da Westerbork le porta a Auschwitz, dove arrivano il 9 agosto. Qui avviene subito la selezione: su circa 1200 persone, tante erano quelle presenti sul convoglio, solamente 165 uomini, dai 17 ai 50 anni, vengono scelti per essere utilizzati in attività lavorative. Tutti gli altri, tra cui Edith e la sorella Rosa, vengono subito avviati alla camera a gas.
Edith Stein – Santa Teresa Benedette della Croce – è stata canonizzata l’11 ottobre 1998 da Giovanni Paolo II, che l’ha definita “eminente figlia di Israele e fedele figlia della Chiesa”.
Il suo capolavoro, Essere finito ed essere eterno, è una possente sintesi di filosofia e di mistica.