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CHI SEMINA VENTO RACCOGLIE TEMPESTA,
OVVERO LA MANCATA SELEZIONE DEI PRETI

Fulvio De Giorgi

Nel suo ultimo incontro con i vescovi italiani il papa ha lanciato un accorato allarme: «In questo momento c’è un pericolo molto grande: sbagliare nella formazione e anche sbagliare nella prudenza nell’ammissione dei seminaristi.

Abbiamo visto con frequenza seminaristi che sembravano buoni ma rigidi […] ci siamo accorti che dietro quella rigidità c’erano dei grossi problemi. I seminaristi ricevuti senza chiedere informazioni, che sono stati cacciati via da una congregazione religiosa o da una diocesi … » e che invece sono accolti in altre diocesi.

Un’ipoteca per la Chiesa
Da dove nasce questo deficit di prudenza nella selezione e nell’ammissione dei candidati al sacerdozio ministeriale? Deriva dalla paura di seminari con posti tutti vuoti, dal terrore dissimulato di non avere più preti. Ma questo timore porta a gravi errori di sottovalutazione. Lo ha indicato esplicitamente lo stesso papa Francesco nel giugno 2017: «Posti vuoti: non riempire quei posti con gente che non è stata chiamata dal Signore, non prendere da qualsiasi parte; esaminare bene la vocazione di un giovane, l’autenticità, e se viene per rifugiarsi o perché sente la chiamata del Signore. Accogliere soltanto perché abbiamo bisogno, cari vescovi, questa è un’ipoteca per la Chiesa! Un’ipoteca». Cioè si paga dopo. E si paga caro. È una bomba ad orologeria.

Il rischio è quello di selezionare ragazzi che non hanno una vocazione spirituale ma una voragine spirituale, cioè problemi psicologico-comportamentali.

Un rischio da non correre
E anche su questo papa Bergoglio è stato chiarissimo, ricordando, nel novembre 2015, la sua personale esperienza: «il discernimento vocazionale, l’ammissione al seminario. Cercare la salute di quel ragazzo, salute spirituale, salute materiale, fisica, psichica. Una volta, appena nominato maestro dei novizi, anno ’72, sono andato a portare alla psicologa gli esiti del test di personalità, un test semplice che si faceva come uno degli elementi del discernimento. Era una brava donna, e anche brava medico.

Mi diceva: “Questo ha questo problema ma può andare se va così…”. Era anche una buona cristiana, ma in alcuni casi era inflessibile: “Questo non può” – “Ma dottoressa, è tanto buono questo ragazzo” – “Adesso è buono, ma sappia che ci sono giovani che sanno inconsciamente, non ne sono consapevoli, ma sentono inconsciamente di essere psichicamente ammalati e cercano per la loro vita strutture forti che li difendano, così da poter andare avanti. E vanno bene, fino al momento in cui si sentono bene stabiliti e lì incominciano i problemi” – “Mi sembra un po’ strano…”.

E la risposta non la dimentico mai, la stessa del Signore a Ezechiele: “Padre, Lei non ha mai pensato perché ci sono tanti poliziotti torturatori? Entrano giovani, sembrano sani ma quando si sentono sicuri, la malattia incomincia ad uscire. Quelle sono le istituzioni forti che cercano questi ammalati incoscienti: la polizia, l’esercito, il clero… E poi tante malattie che tutti noi conosciamo che vengono fuori”». Possiamo rischiare che nelle parrocchie, negli oratori, frequentati dai nostri ragazzi, ci siano preti psicologicamente simili alle guardie carcerarie di S. Maria Capua Vetere?

Aggiornare i processi di selezione
Seminario vuol dire semenzaio. Ma una selezione senza discernimento significa seminare al vento: anzi, propriamente, seminare vento.

Ecco l’allarme lanciato dal papa. E ripetuto da tempo. Così nel settembre 2018: «Vi raccomando una particolare attenzione al clero e ai seminari. Non possiamo rispondere alle sfide che abbiamo nei loro confronti senza aggiornare i nostri processi di selezione, accompagnamento, valutazione. Ma le nostre risposte saranno prive di futuro se non raggiungeranno la voragine spirituale che, in non pochi casi, ha permesso scandalose debolezze».

I segnali, in alcuni dei nuovi preti, ci sono: rigidità e mondanità, cura eccessiva del look fino a pavoneggiarsi perfino negli abiti liturgici: pianete romane riccamente ricamate, stola incrociata (secondo vecchie forme superate) sotto la pianeta. Pavoneggiarsi in un estetismo da tradizionalismo pre-conciliare. «È triste vedere un vescovo e un prete che si pavoneggiano» ha detto Bergoglio nello scorso giugno.

Non ovvietà, ma trasparenza
Insomma, il papa ha parlato e parla chiaro. Ma viene preso sul serio da tutti? È recente il caso di un giovane prete della diocesi di Milano, ordinato nel giugno 2019, accusato di abusi sessuali su 7 bambini dagli 8 agli 11 anni, compiuti nel periodo dal febbraio 2020 al maggio 2021, cioè appena mandato in parrocchia. Un caso paradigmatico, se vero.

La Curia milanese, in un comunicato del 16 luglio 2021, dichiara: «Nell’assicurare la più completa disponibilità alla collaborazione con l’autorità giudiziaria per accertare la verità dei fatti, la Diocesi desidera altresì precisare che non è mai giunta alla Curia, al Vicario di zona e al parroco alcuna segnalazione relativa ai fatti oggetto dell’indagine».

Ma questa precisazione è un’ovvietà! Ci mancherebbe pure che Curia, Vicario e parroco avessero avuto segnalazioni e coperto tutto! O forse è una precisazione dettata da un retro-pensiero rispetto a casi passati? Ma non è questa ovvietà che è oggi richiesta. Si vorrebbe sapere come è stata condotta la “selezione” al sacerdozio ministeriale, evidentemente – se il caso fosse confermato dalle indagini – sbagliata e difettosa. Ma trasparenza vorrebbe pure, per esempio, che si sapesse quali diocesi hanno accolto seminaristi “scartati” in altre diocesi.

La necessità di un ripensamento radicale
«Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci» dice Gesù nel Vangelo di Matteo. Forse ci sono diocesi italiane che stanno rischiando, non ascoltando i moniti di papa Francesco, di dare la cosa santa, la perla, del sacerdozio ministeriale a cani e porci. Ma poi lo scoppio, sia pure ritardato, arriva. E la credibilità crolla anche nei confronti dei preti bravi e santi, che per fortuna sono ancora la maggioranza (forse una maggioranza troppo “silenziosa”). È questa la Chiesa di Cristo o dobbiamo aspettarne un’altra?

Il problema, reale, delle poche vocazioni non si risolve ordinando cani e porci: pseudo-preti che poi hanno comportamenti violenti e sporchi. Ma si risolve ripensando radicalmente ed evangelicamente le modalità del sacerdozio ministeriale cattolico.

Fulvio De Giorgi
Docente di Storia dell’Educazione all’Università di Modena e Reggio Emilia.
Membro del Gruppo di Riflessione e Proposta di Viandanti.

[pubblicato il 24 luglio 2021]
[L’immagine che correda l’articolo è ripresa dal sito: “vaticannews.va”]

Nel sito sul tema si può leggere anche:
Marco Guzzi, Ri-formare i cristiani a partire dai presbiteri
Finesettimana, Alcuni segni del tempo

Le recensioni del volume Preti senza battesimo? [San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2018] di MichaelDavide Semeraro

La seguente Lettera alla Chiesa: Richiesta di riforme da presentare al Vescovo di Roma (2013; v. paragrafo 5)

6 Commenti su “CHI SEMINA VENTO RACCOGLIE TEMPESTA,
OVVERO LA MANCATA SELEZIONE DEI PRETI”

  1. I seminari sono nati con Concilio di Trento per formare i futuri preti con una robusta impostazione dottrinale anche per contrastare le dottrine luterane e calviniste. Ora è così necessario una formazione così dottrinale per il servizio dei preti oggi? Quanto interessa tutta la dottrina cattolica alle donne e agli uomini contemporanei? Abbiamo bisogno di preti riconciliati che siano ponti di riconciliazione o di preti rigidi, divisi ed insicuri che cercano sicurezze nelle strutture e nelle dottrine della Chiesa?

  2. Bisogna chiudere i seminari residenziali, obsoleti e formatori di persone a-normali. Tolgono in età giovanile dal contesto della vita normale, dal linguaggio comune, dai problemi quotidiani, dalla necessità di relazionarsi con persone diversificate per estrazione, cultura, fede. Sulla abnormità di convivere per anni con persone dello stesso sesso non merita soffermarsi; e sottolineo la stortura di abituare ad una vita comune/comunitaria invece di formare alla vita ‘solitaria’ che sarà il destino di quasi tutti i preti. Il modello monasteriale è doppiamente fuori luogo per i presbiteri, visto il futuro che attende i preti e visto l’esempio di Cristo e degli apostoli, sempre in cammino in mezzo alla gente. I seminari devono essere sostituiti da scuole di specializzazione da frequentare come le università, stando a casa propria, dopo le superiori e dopo seri test attitudinali da ripetere periodicamente. Quanto ai contenuti che vengono trasmessi, si dovrebbe aprire un capitolo a parte…

    1. Cugini Maria Elettra psicologa iscritta all’Albo degli psicoterapeuti del Lazio:
      concordo con l’idea che il seminario non sia idoneo alla formazione di un giovane che deve prendere parte alla vita reale e seguire una formazione approfondita ma non residenziale, affiancato da una guida spirituale aperta, in cui egli possa confidare per rielaborare le sue esperienze, i suoi dubbi e i suoi vissuti a contatto con la vita del mondo che lo circonda.
      Concordo anche con l’idea che la penuria delle vocazioni non debba far rinunciare ad una selezione accurata, con eliminazione di chi non e idoneo a questa missione. Grazie

  3. Condivido quanto scritto nel testo, ma, secondo il mio parere, manca un aspetto fondamentale, nella riflessione sulla selezione e formazione dei preti (e loro destinazione): il ruolo imprescindibile della comunità. E’ in gioco l’ecclesiologia del Vaticano II, il primato del popolo di Dio, del noi ecclesiale. Perché continuare a ritenere una cosa normale il fatto che i preti siano paracadutati dall’alto dentro una comunità? La sinodalità, caratteristica fondamentale dell’essere chiesa, non dovrebbe prevedere altre modalità? Non risiede anche nella separatezza della selezione e formazione la “stranezza” di tanti preti? Che i preti non siano degli psicopatici è importante, ma non sufficiente. I preti non possono essere visti solo come davanti o di fronte alla comunità, ma uomini (e donne) di comunità capaci di aggregare valorizzando i carismi di tutti (il carisma del prete, diceva Luigi Sartori, è un carisma vuoto perché fa spazio ai carismi degli altri). Davvero la comunità non ha da dire nulla in proposito? Non è forse una forma grave di clericalismo l’attuale modalità di selezione formazione e destinazione dei preti? E non si dovrebbe pensare a forme non univoche di presbiteri (oggi solo maschi, celibi e a tempo pieno), se si vuole assicurare alle comunità la possibilità di celebrare l’eucaristia? Se si parte dalla comunità cambia la prospettiva nel ripensare i vari ministeri e, tra questi, anche il ministero presbiterale.
    Non sono problemi teorici… Tra un mese, nelle parrocchie con le quali opero e alle quali propongo varie attività sul piano biblico, liturgico e teologico, i preti saranno sostituiti da altri, paracadutati dall’alto senza alcuna consultazione… E’ probabile che il cammino che da oltre 50 anni è stato intrapreso all’interno di queste comunità, già difficile negli ultimi anni, si interrompa definitivamente.

  4. Ricercare le sicurezze per un seminarista o un sacerdote è il sintomo di un disagio profondo che lo porta a non confrontarsi con il vangelo e la vita. Ascoltare, confrontarsi e condividere con la comunità i problemi e le gioie aiuta a contenere le insicurezze ma ciò si può realizzare solo attraverso un’altra formazione facendoli divenire”seminaristi di strada”…

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