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Dario Oitana
«Quando senti la tentazione di invischiarti nella tua debolezza, alza gli occhi al Crocifisso e digli: "Signore, io sono un poveretto, ma tu puoi compiere il miracolo di rendermi un poco migliore"». (Gaudete et exsultate, Esortazione apostolica di Papa Francesco, n.15).
Questo passaggio risulta essere l\'unico punto del documento in cui compare il termine «miracolo»! Per chi è abituato ad associare il «santo» con «vita e miracoli» tale omissione, per giunta con l\'eccezione per il «poveretto» di cui sopra, assume un significato eloquente. E il "tu" con cui si rivolge al lettore dà all\'Esortazione un tono particolarmente confidenziale.
Fin dall\'inizio il Papa annuncia che «Egli (il Signore) ci vuole santi» (n.1). E precisa: «Non ci si deve aspettare qui un trattato sulla santità...Il mio umile obiettivo è far risuonare ancora una volta la chiamata alla santità» (n.2).
La santità "della porta accanto"
«Mi piace vedere la santità del popolo di Dio paziente...Questa è tante volte la santità "della porta accanto", di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per usare un\'altra espressione, "la classe media della santità"» (n.7). Si tratta di anime «sulle quali nulla viene detto sui libri di storia» (n.8).
Questa santità a cui il Signore ci chiama andrà crescendo mediante piccoli gesti, come evitare il pettegolezzo, ascoltare il proprio figlio anche se si è stanchi, pregare nei momenti di angoscia, fermarsi a conversare con un povero (n.16).
«Si ...