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PAURA DEI POVERI, PAURA DEL PAPA

José Maria Castillo

E’ un fatto che nella Chiesa sono numerose le persone alle quali non piace papa Francesco. Anzi, è un fatto anche che nella Chiesa ci sono persone che hanno paura di questo papa. Una paura che si spiega non solo perché Francesco è un uomo che non si adatta alle abitudini e alla maniera “normale” di procedere dei papi che abbiamo conosciuto, ma anche perché Francesco non smette di parlare di un tema che, a quanto pare, rende nervose non poche persone. Mi riferisco al tema dei poveri.
Non so cosa abbiano i poveri perché, quando si pone il loro problema, siamo in molti (mi ci metto anch’io, certamente) a sentirci male, soprattutto quando si presenta in profondità, con tutte le sue cause e conseguenze.

La denuncia
Inoltre, e questa è la cosa più grave, questo papa non si limita a ricordarci l’amore che dobbiamo avere nei confronti dei bisognosi, ma, oltre a questo e soprattutto a questo proposito, nei suoi discorsi e nelle sue omelie è solito scagliarsi contro la gente di Chiesa, denunciando, senza peli sulla lingua, i funzionari della religione che non fanno quello che devono fare, che si comportano come degli arrampicatori che vogliono solo piazzarsi in posti di potere, guadagnare denaro e vivere bene. Francesco è arrivato persino a denunciare pubblicamente i mafiosi vestiti con la sottana. Non eravamo abituati a questo linguaggio sulle “auguste labbra del Pontefice”, com’era solito esprimersi L’Osservatore Romano ai tempi di Giovanni XXIII, il quale tagliò corto con una tale sciocchezza nel modo di parlare.[…]

Non vi è dubbio che di nuovo si sta verificando esattamente quello che ripetono insistentemente i vangeli: i sommi sacerdoti del tempo di Gesù, con le altre autorità religiose, anziani e scribi, “avevano paura” (Mt 21, 26. 46; Lc 20, 19; Mc 11, 18; Lc 22, 2; Mc 11, 32; 12, 12). Paura di chi? Della gente, del popolo, dei poveri. Così dicono i testi dei vangeli. Come dicono anche che Gesù a bruciapelo disse in faccia a loro che avevano trasformato il tempio in un “covo di banditi” (Mt 21, 13; cf. Ger 7, 11 par). Per questo il papa non ha avuto riguardo nel ripetere, riferendosi a determinati ecclesiastici attuali, che sono dei “ladri”. E Francesco aggiungeva: “lo dice il Vangelo”.

È solo l’inizio?
Ci sono alcuni che si lamentano che questo papa non prende decisioni. Perché non toglie alcuni e mette altri nei posti più importanti della curia. Nessuno sa quello che il papa Francesco pensa di fare. Quello che sappiamo è quello che ha già fatto. Fino ad ora, ha fatto per lo meno due cose che sono evidenti per tutti:
1) Ha adottato uno stile di vita, che non è quello che eravamo abituati a vedere nei papi fino ad ora.
2) Si è schierato decisamente a favore dei poveri e parla molto duramente contro i ricchi e gli arrampicatori che cercano potere e privilegi.

Si limiterà a questo? Credo di no. Siamo all’inizio, non è che l’inizio.
E questo fa più paura ad alcuni. In ogni caso, non sarà male ricordare che Gesù ha fatto la stessa cosa che fino ad ora sta facendo questo papa: condurre una vita austera e avere una libertà per parlare e fare certe cose; un comportamento che, come al tempo di Gesù, irrita alcuni. Francesco fa impazzire i più osservanti di non poche tradizioni che nei settori più tradizionalisti della Chiesa si consideravano intoccabili.

Il motore del cambiamento
E – chi l’avrebbe detto! – le due cose che ha già messo in moto Francesco – che sono quelle che ha messo in moto Gesù – sono state (e continuano ad essere) il motore del cambiamento nella storia: 1) uno stile di vita semplice e solidale; 2) un’opzione preferenziale per i poveri, che sposta le persone privilegiate ed importanti, fino a metterle all’ultimo posto.
Papa Francesco non ha conferito incarichi e non ha preso decisioni clamorose. Si è limitato a mettere al centro delle sue preoccupazioni quello che ha messo Gesù al centro delle sue preoccupazioni: la sofferenza dei poveri. Q
uesto ha messo la paura in corpo a quelli che desideravano un papato con altre pretese. Le pretese degli arrampicatori e l’ambizione dell’osservanza che può ben occultare un’etica dubbia, forse contraddittoria con il comportamento della gente onesta.
E finisco. Vi assicuro che per me è indifferente che il papa sia progressista o conservatore, ciò che m’interessa veramente è che papa Francesco si sia centrato e concentrato sul Vangelo: non smette di parlare di Gesù, di ciò che ha fatto e detto Gesù. Qualsiasi ideologia abbia, se è identificato con Gesù, mi sento spontaneamente identificato con il papa. Né più e né meno.

José Maria Castillo
Sacerdote e teologo spagnolo

Nota – – – – – – – –
Castillo, membro della Compagnia di Gesù fino al 2007, è stato professore di teologia dogmatica presso la Facoltà di Teologia di Granada e visiting professor presso l’Università Gregoriana (Roma), l’Università Pontificia Comillas (Madrid) e l’Università Centroamericana “José Simeon Cañas” (El Salvador).
L’articolo è apparso l’11 giugno scorso nella sezione dedicata alla religione dell’importante portale dell’informazione socio-religiosa in lingua castigliana www.periodistadigital.com.
Traduzione dallo spagnolo di Lorenzo Tommaselli per http://www.ildialogo.org.

3 Commenti su “PAURA DEI POVERI, PAURA DEL PAPA”

  1. L’ENCICLICA “LUMEN FIDEI”
    Alla faccia di chi continua ad affermare la continuità fra i pontificati di Ratzinger e di Papa Francesco, ecco l’Enciclica scritta da Ratzinger che mette in mostra le differenze abissali di due concezioni di chiesa. La presenza del Papa emerito, nonostante le promesse in senso contrario, si fa pesante ed ingombrante, e Papa Francesco non può fare a meno di accondiscendere e di firmare (sono convinto) suo malgrado, per evitare ulteriori divisioni e scandali. L’enciclica “Lumen fidei” di Ratzinger rispecchia ancora una volta la visione di una chiesa che chiede obbedienza ad un mondo corrotto ed incapace di mettere in pratica valori umani, additando il proprio catechismo ed il magistero della chiesa di Roma come l’unica fonte vera ed autorevole per dare un contenuto alla fede. E’, ancora una volta, una teologia “ad imbuto” che deve per forza sfociare nell’accettazione, da parte di tutto il mondo, dei pronunciamenti del magistero ecclesiastico romano. Si parte dalla constatazione che la ragione da sola non dà le risposte più profonde che l’uomo si pone, per cui occorre mettersi in ascolto della parola di Dio che nella storia si sarebbe manifestata esclusivamente per bocca di Gesù Cristo, il quale avrebbe dato mandato solo all’istituzione da Lui fondata di distribuire, prendendola dal deposito affidatole, quella Grazia divina che salva le persone e che offre l’unica luce esistente e possibile. La Verità sarebbe solo quella, chi dubita o chi percorre altre strade cade nel relativismo. Quello che si chiede è l’”obbedienza della fede” che significa “obbedienza al magistero ecclesiastico”. Una Verità uguale per tutti non deve farci paura, non sarebbe il totalitarismo dei sistemi passati, e chi per fortuna sua possiede questa totale verità cristiana è chiamato “ad accompagnare la strada di ogni uomo verso Dio” attraverso quel “Magistero che assicura il contatto con la fonte originaria e offre dunque la certezza di attingere alla parola di Cristo nella sua integrità”.
    Questa visione dogmatica (non “teologica”) di Ratzinger rispecchia i contenuti delle lettere di San Paolo, il vero ispiratore della dogmatica cristiana. Papa Francesco invece attinge esclusivamente dal Vangelo e dalla testimonianza di Gesù. Non propone un fascio di verità da accettare, contenuti che non fanno che dividere e che servono a mettersi in una posizione di superiorità. Egli si pone in un atteggiamento di servizio, soprattutto verso gli ultimi ed i più bisognosi, proprio come aveva fatto Gesù: questa testimonianza d’amore e di povertà di mezzi umani di potere e di ricchezza costituiscono per Papa Francesco il contenuto della fede. Per Ratzinger i poveri sono lo strumento con cui i bravi cristiani esercitano la carità e si meritano il paradiso, mentre per i poveri “c’è una dimora eterna che Dio ha ormai inaugurato in Cristo…e che ci proietta verso un futuro certo diverso rispetto alle proposte illusorie degli idoli del mondo”; non per niente i Teologi della Liberazione, che si battevano concretamente per liberare i poveri dalla loro situazione, erano stati da Ratzinger e Wojtyla emarginati o scomunicati, mentre sono ora rivalutati da Papa Francesco. Lunedi il Papa andrà a Lampedusa per solidarietà verso quegli ultimi della terra abbandonati ed uccisi anche a causa di quella legge “Bossi-Fini” emanata da governanti che si dicono cristiani, che magari alla domenica vanno in chiesa e recitano il Credo. C’è da sperare che venga alla luce, tramite questi atti molto significativi, tutta l’ipocrisia e l’incoerenza che hanno accompagnato nella storia le azioni “cristiane”, e che sia messo in risalto, tramite l’esempio proveniente dall’alto, il vero contenuto di amore, di solidarietà e di servizio che fu l’essenza della vita di Gesù.
    E da ultimo come si fa a non pensare che un’enciclica così sia stata scritta da un prelato che non è mai uscito dal Vaticano, che non ha mai fatto un’esperienza pastorale in mezzo alla gente vera? Dobbiamo continuare a credere che gli appartenenti ad altre culture e religioni siano soltanto oggetto della nostra opera di conversione e proselitismo? Che ad essi Dio non avrebbe mai parlato e mai si sarebbe manifestato? Che i non cristiani siano soltanto preda delle loro voglie e dei loro capricci, come ebbe a dire Ratzinger? L’enciclica non affronta nessuno di questi argomenti che riguardano i contenuti della fede, come i rapporti con le altre religioni, i contenuti della nuova scienza che possono dire molto anche alle religioni, le nuove sensibilità sociali ed etiche che emergono. Mi sembra di poter dire che questa enciclica sia ancora una vecchia opera di apologetica, anche se Ratzinger si sforza di renderla accettabile con un linguaggio più positivo e dialogante, con il risultato però di non rispondere in nessun modo ai problemi sociali, religiosi e culturali del nostro tempo, aumentando così un sentimento di profonda delusione e rammarico per un’altra occasione persa di essere davvero utili all’umanità.

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