ABUSI
IL CORAGGIO DI GUARDARE
La diocesi di Bolzano-Bressanone ha presentato il 24 gennaio u.s. i risultati di una perizia indipendente sugli abusi sessuali in diocesi dal 1964 al 2023. Il vescovo Ivo Muser ha sottolineato, nella conferenza stampa di presentazione, la necessità di trasparenza e responsabilità per recuperare credibilità e fiducia. Oltre all’assunzione di responsabilità personale, il vescovo ha annunciato una serie di misure concrete, tra cui l’istituzione di un gruppo interdisciplinare per esaminare i casi dei sacerdoti accusati ancora in vita e l’ottimizzazione delle procedure diocesane.
Ci è parso significativo pubblicare l’intervento del vescovo Muser in conferenza stampa, nel quale ha presentato un metodo che ci aspetteremmo venisse adottato da tutte le Chiese che sono in Italia [V]
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Ivo Muser
Vescovo nella Chiesa di Bolzano-Bressanone
Oggi vorrei parlare con voi dei risultati della perizia sui casi di abuso nella nostra diocesi. Questo non è un passo facile, ma è decisivo. La fiducia può essere ristabilita solo attraverso la trasparenza e l’onestà.
Oggi commemoriamo San Francesco di Sales, patrono delle giornaliste e dei giornalisti. Francesco di Sales scrisse molto sulla ricerca della verità e sul significato dell’onestà. Per questo servono coraggio e determinazione, perseveranza e trasparenza. È proprio nell’affrontare i casi di abuso e nel trarre le necessarie conseguenze si arriva a cambiamenti – nel pensiero, nella parola e nell’azione. Senza un tale mutato atteggiamento e una trasformazione del nostro quotidiano così radicali, perdiamo come Chiesa, e questa è la mia profonda convinzione, ancor più fiducia e credibilità. Si tratta nel complesso di attuare un cambiamento culturale.
Ammissione e responsbilità
In questi giorni ho letto la perizia. So che non volete sentire da parte mia parole retoriche di costernazione. A ragione. Tuttavia, permettetemi di dire che mi hanno profondamente commosso in particolare le descrizioni dei casi e il dolore personale che emerge così chiaramente dalla relazione.
I bambini e i giovani vittime di abusi sono rimasti invisibili o sono stati resi tali. I colpevoli sono stati trasferiti, come si dice, “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”. Famiglie, parrocchie e comunità coinvolte nel dolore sono state semplicemente trascurate come vittime e lasciate a sé stesse. Anche nelle famiglie e nelle parrocchie ci si rifiutava di guardare. Si sapeva, ma si taceva. Per preservare la propria reputazione e quella della Chiesa si è rinunciato a compiti e responsabilità.
Tutto questo e molto altro è accaduto in relazione ai casi di abuso e può accadere di nuovo se abbassiamo lo sguardo. Abbiamo bisogno del coraggio di comprendere perché si sono verificati abusi sessuali e altre forme di violenza, perché sono stati coperti o minimizzati, perché le persone sono dovute scomparire, perché le vittime non sono riuscite a trovare la forza per vivere e quale responsabilità dobbiamo quindi assumere e garantire con determinazione per oggi e per il futuro.
La relazione evidenzia gravi omissioni – non solo a livello sistemico, ma anche personale. Io personalmente voglio dirvi: mi assumo la responsabilità per gli errori che sono stati commessi durante il mio mandato e da me. Questi includono:
Insufficiente controllo dei sacerdoti sospetti
Riluttanza nell’adottare chiare misure preventive nei confronti dei sacerdoti accusati.
Documentazione carente nel delineare i passaggi nella gestione dei casi di abuso.
Chiedo perdono ai soggetti coinvolti, alle comunità parrocchiali, ai sacerdoti accusati e ai fedeli della nostra diocesi per le mie mancanze come vescovo, assumendomene ogni responsabilità.
Dati significativi emersi dalla perizia
La perizia identifica, dopo la presa visione degli archivi diocesani:
> 41 sacerdoti accusati: di questi, in 29 i fatti sono stati confermati con un alto grado di certezza;
> 75 persone coinvolte: per 59 di esse sono disponibili indizi molto plausibili;
> 24 casi, in cui è stata riscontrata una condotta erronea o inappropriata da parte dei responsabili ecclesiastici. Tali casi sono documentati in dettaglio nella relazione.
Questi numeri sono sconvolgenti e ci rendono consapevoli dell’indicibile sofferenza che si è verificata per decenni nella nostra diocesi.
Sappiamo che ciò che leggiamo nella perizia è solo la punta dell’iceberg. Gli avvocati che l’hanno redatta, così come innumerevoli studi, ci fanno capire in modo inequivocabile che il fenomeno sommerso è di gran lunga più ampio. Pertanto, è ancora più vero che la perizia non è un passo intermedio, né un obiettivo parziale che offre l’occasione per fare una pausa, ma un compito che ci impone di continuare a lavorare con tutte le nostre forze. Dobbiamo fare tutto il possibile per alleviare la sofferenza delle vittime, riconoscere le ingiustizie avvenute e prevenire nuove sofferenze. Per questo motivo ho commissionato il progetto “Il Coraggio di Guardare”.
Sappiamo che gli abusi non sono limitati alla Chiesa, tuttavia essa, in considerazione del suo ruolo morale, è chiamata a intervenire con particolare rigore. E così faremo.
Carenze sistemiche e conseguenze
La perizia mostra che l’abuso è stato facilitato da strutture di potere rigide, autorità incontrollata e da una carente “cultura dell’errore”. Descrive una chiesa che in molte aree era dominata da strutture nelle quali le vittime erano ignorate e i colpevoli protetti.
Queste carenze devono essere affrontate in modo sostanziale per rendere la Chiesa un luogo sicuro. Questo è possibile in modo duraturo solo attraverso un radicale cambiamento culturale, che includa una nuova consapevolezza e un diverso modo di porsi.
Nella nostra diocesi, negli ultimi anni è iniziato un processo di trasformazione che mette al centro le vittime. Come vescovo, voglio continuare il cammino intrapreso e, con ancora maggiore determinazione, partire dalla sofferenza e dall’ingiustizia subita dalle persone coinvolte, prendendo in considerazione il loro contesto, i colpevoli e il sistema, innescando cambiamenti.
Misure concrete
In concreto, vorrei affrontare i seguenti punti:
– Perseguimento coerente dei casi sospetti e chiari percorsi procedurali:
La perizia ci ha mostrato che i casi sospetti non sono stati perseguiti, i casi di abuso non sono stati segnalati a Roma, i sacerdoti accusati e i colpevoli sono stati trasferiti o non sono state eseguite le disposizioni a loro carico, altri sono stati inseriti nelle parrocchie senza avvertire per tempo le comunità dei fedeli.
La diocesi di Bolzano-Bressanone dispone già di un concetto quadro per la prevenzione, di orientamenti per il funzionamento del Centro di ascolto per casi di abuso e di linee guida per procedere in caso di abusi attuali o passati nel contesto ecclesiale. Tuttavia, sussistono delle incertezze riguardo al carattere vincolante di questi documenti.
Darò prontamente incarico a un gruppo di esperti interni ed esterni, coinvolgendo gli organi diocesani, di derivare dalle documentazioni esistenti corrispondenti linee guida per le procedure da seguire, che saranno poi introdotte in modo vincolante e attuate in modo trasparente. Questo compito dovrà essere completato entro la fine del 2025.
– Ottimizzazione dei servizi per le persone coinvolte, le parrocchie e i colpevoli:
La perizia e i suggerimenti mostrano che è necessaria una revisione e una differenziazione dei vari compiti e competenze del Centro di ascolto, del servizio di intervento e del servizio di prevenzione.
In questo contesto, sarà istituito un team di intervento che presenterà al direttivo diocesano una proposta decisionale in relazione alle persone coinvolte, ai colpevoli e alla gestione dei casi di sospetto e di abuso.
Questi passi dovrebbero essere completati, approvati e attuati entro la fine di quest’anno.
– Revisione critica e coerente:
Misure di monitoraggio e controllo per prevenire reiterazioni. Per quanto riguarda i sacerdoti accusati e ancora in vita, verrà istituito un gruppo interdisciplinare che da subito esaminerà tutti i casi e, se necessario, proporrà a me le misure per i passi successivi. Si mira a non sottoporre a sorveglianza soltanto le persone condannate, ma anche coloro per i quali, per motivi preventivi, sono necessarie restrizioni del campo di azione.
– Gestione dell’autorità e dei ruoli guida:
Ogni caso di abuso è un caso di esercizio perverso del potere. Faccio appello ad una modalità di collaborazione in cui venga rispettata la dignità di ogni persona. Il rispetto reciproco tra sacerdoti e laici, tra personale stipendiato e volontari, tra donne e uomini è fondamentale. Ogni collaboratore che lavora in contesti in cui ricorrono squilibri di potere deve riflettervi costantemente. Pertanto, nella formazione e nell’aggiornamento a tutti i livelli, si devono tematizzare ed esercitare i concetti di potere, responsabilità e autoriflessione. Inoltre, è necessario interrogarsi a livello personale sulla propria posizione guida all’interno di gruppi di supervisione e di riflessione sulle pratiche pastorali.
Anche le linee guida diocesane, come ad esempio ” La collaborazione nella guida delle comunità parrocchiali”, verranno esaminate alla luce di questo contesto e, se necessario, riviste.
– Donne in posizioni dirigenziali:
La relazione mostra che il 68% delle persone coinvolte erano donne e la maggior parte di coloro che si sono rivolti agli avvocati sono donne. Abbiamo ormai molte donne qualificate, esperte e competenti che già operano in vari settori e contribuiscono in modo significativo alla vita ecclesiale e sociale. Ad esempio, quattro dei nove uffici della Curia Vescovile sono attualmente guidati da donne. Questa realtà sarà ulteriormente e più intensamente considerata in futuro nella selezione per le posizioni dirigenziali. Nell’ottica di una politica lungimirante del personale, stiamo pianificando programmi per la promozione delle donne in posizioni guida.
– Gestione degli errori:
Nel rapporto è stata evidenziata una cultura dell’errore bisognosa di miglioramento. Solo riconoscendo gli errori, imparando da essi e creando trasparenza possiamo apportare cambiamenti. Questo atteggiamento di fondo deve essere considerato e mantenuto come parte integrante del nostro modo di lavorare in tutti i settori. Gli errori individuati e affrontati offrono l’opportunità di migliorare e ottimizzare. Questo deve essere incluso in tutti i profili e processi lavorativi. Affronteremo questo tema durante corsi e seminari di formazione. Presupposto e base per una buona cultura dell’errore è la fiducia reciproca.
Invito a camminare insieme
Invito le persone coinvolte a condividere le loro storie con noi. Le vostre conoscenze, le vostre esperienze e le vostre prospettive sono di inestimabile valore per il processo di revisione degli abusi. E vi ringrazio già oggi per questo.
Vi prego di scegliere il percorso che ritenete più adatto: potete rivolgervi alla responsabile del Centro di ascolto Maria Sparber, al responsabile del servizio per la tutela dei minori, Gottfried Ugolini, al vicario generale o a me personalmente. Inoltre, potete contattare altri enti indipendenti. Una lista sarà disponibile nella documentazione di questa conferenza stampa. Potete farlo di persona o in modo anonimo. In qualunque modo decidiate di raccontarci le vostre storie, noi le prenderemo sul serio. Saranno per noi il fondamento prezioso da cui imparare e, forse, da cui avviare passi verso il risanamento delle ferite.
Conclusione
Con umiltà e determinazione vi invito a percorrere insieme a noi questo cammino di riflessione e cambiamento. In quanto giornalisti e giornaliste, avete il compito di vigilare affinché la Chiesa adempia bene al suo incarico. Contribuite a garantire che i casi di abuso non vengano messi sotto silenzio ma al contrario portati alla luce. Voi, come giornalisti e giornaliste, con il vostro resoconto costruttivo e critico, contribuirete in modo significativo a far sì che noi come diocesi possiamo trasmettere sia all’interno della Chiesa che all’esterno, alla società, che:
La nostra prima attenzione è rivolta alle persone coinvolte e la loro sofferenza richiede il nostro fermo impegno.
Qualsiasi forma di abuso e violenza è un reato contro la dignità, la libertà e la vita di un essere umano.
È parte del nostro compito originario come Chiesa l’impegno a trattare e prevenire i casi di abuso.
Questo processo e questo cambiamento si considerano riusciti se possiamo fare affidamento sulla competenza e sulla responsabilità personale dei molti credenti. La fiducia nella forza e nella capacità di riflessione di tutti i responsabili in diocesi deve essere la mèta di questo cammino, che io e i miei collaboratori più stretti inizieremo a percorrere impegnandoci a dare il buon esempio.
C’è bisogno di tutti noi per creare quel cambiamento culturale che aiuta a lenire le sofferenze e le ingiustizie passate e a prevenire quelle future. C’è bisogno di tutti noi.
Bolzano, 24 gennaio 2025
Questo testo è presente nel sito ufficiale della Diocesi di Bolzano-Bressanone con il titolo: “Posizione del vescovo Ivo Muser in merito alla pubblicazione della perizia sugli abusi”
https://www.bz-bx.net/it/news/dettaglio/posizione-del-vescovo-ivo-muser-in-merito-alla-pubblicazione-della-perizia-sugli-abusi.html
Per approfondire vedi:
– Abusi / Il Coraggio di guardare: Diocesi di Bolzano-Bressanone
– La Chiesa italiana di fronte agli abusi
[Pubblicato l’ 2.2.2025]
[L’immagine è ripresa dal sito: https://www.bz-bx.net/it/news/]
Il clero non è obbligato a dar conto delle proprie azioni. Anzi: la dottrina e le norme canoniche lo educano ad agire come se la sua identità fosse di natura essenzialmente differente rispetto a quella di un comune fedele (vedi LG 10). Lo status clericale è quello di essere separato dal popolo, “consacrato”, dotato di poteri esclusivi ed escludenti. Il munus regendi, il munus santificandi ed il munus docendi sono saldamente nelle mani del vescovo e del prete, Se si vuole seriamente combattere il clericalismo occorre cambiare la dottrina ed il codice di diritto canonico. Diversamente trattasi solo di piccoli ed inutili aggiustamenti che non incidono nelle cause che provocano gli abusi. La situazione attuale necessita una profonda declericalizzazione. Occorre ridurre il potere del clero, riformulare l’identità del ministero episcopale e del ministero presbiterale. nel senso di riconfigurarli nella loro dimensione originaria di laicità evangelica. .
Trovo molto positivo e coraggioso l’intento di questo vescovo e mi auguro che non resti solo.
Casualmente pochi giorni fa ho visto il film “Rapito”, se ricordo bene di Bellocchio, dove si parla del caso del rapimento di un bambino ebreo bolognese da parte dell’allora Papa. Prassi purtroppo diffusa in quegli anni e giustificata con l’intento di garantire la vita eterna di questi bimbi. Tra l’altro anche con gli indiani canadesi forzatamente incultirati accadde qualcosa di analogo. Al di là dei contesti storici dell’800 credo che in quel modo di intendere il cattolicesimo si nasconda un terribile errore e vederlo messo in scena da attori che raccontano fatti storici sia un aiuto per prendere consapevolezza del problema dell’abuso di potere che tra l’altro testimonia la falsità dell’istituzione, o per lo meno da cattolico quale credo di essere direi, la fallacità dell’istituzione. Ricordando che “vi riconosceranno dall’amore” penso che sia urgente una forte conversione delle istituzioni, visto che questi fatti sembrano lontani ma in realtà parliamo dei nonni dei nostri nonni. Nel sentimento familiare che educa più degli insegnati, l’immagine diffusa della chiesa è appunto quella di un’autorità abusante. A poco serve dire che oggi sono passati 160 anni, molti hanno nostalgia della chiesa preconciliare e questo se pur legittimo tende a giustificare la diffidenza verso la chiesa radicata nella popolazione più umile.
buona giornata
Credo che il cambiamento culturale di cui giustamente parla il Vescovo, non possa prescindere da una riflessione sul modo di intendere l’identità maschile. Se non si supera l’idea, più o meno consapevolmente radicata in molti uomini, che “se non esercito il potere su qualcuno non sono un vero uomo”, si tralascerà un aspetto centrale del problema degli abusi. Che, non a caso, sono quasi sempre agiti da uomini. Colpisce che il vescovo non sottolinei questo fatto.
Personalmente credo che si debba valorizzare al massimo, soprattutto in materia di prevenzione, il ruolo dei semplici fedeli, non necessariamente coinvolti nei ruoli guida. Una vera cultura dell’errore esige la correzione fraterna, che in ambiente clericale – e dove non è? – presuntuosamente io credo che non esista. Dovrebbe essere il Presbitero stesso, o il Responsabile di qualsiasi Comunità, a chiedere e ad impetrare la correzione dai fratelli e dalle sorelle nella fede. Immantinente constateremmo che il clericalismo è finito.
Ho letto con interesse e partecipazione quanto sopra esposto, condividendo la posizione chiara e inequivocabile del Vescovo Mons. Ivo Muser. Personalmente, penso che che sarebbe l’ora di disgiungere sacerdozio-celibato, dal momento che, mi pare di poter dire, questo connubio non è previsto nel Vangelo. Il quale chiede ben altre coerenze, e queste riguardanti, soprattutto, il rovesciamento del potere: “I CAPI DELLE NAZIONI LE GOVERNANO E LE DOMINANO…NON COSì TRA VOI”.
Suor Maria Stella, come ha ragione! Lei ha citato una frase che Gesù ha pronunciato, ma non è solo a questo riferimento che la chiesa cattolica si comporta in modo esattamente al contrario. Questo è il motivo per il quale ho deciso di non frequentare più la chiesa. La chiesa cattolico romana adora prima se stessa, poi il Cristo.