MARIANELA GARCÍA VILAS
COMPAGNA DEGLI OPPRESSI
Anselmo Palini
Il 13 marzo 1983 viene assassinata, a soli 34 anni, in El Salvador, Marianella García Villas, presidente della Commissione per i diritti umani. Le sue denunce e le sue prese di posizione erano divenute inaccettabili per la giunta militare al potere. Pertanto, come accaduto tre anni prima per mons. Oscar Romero, con il quale aveva a lungo collaborato per difendere i diritti del proprio popolo, la sua voce viene messa a tacere per sempre.
Il dissenso con la Democrazia Cristiana
Marianella García Villas nasce in Salvador il 7 agosto 1948. La sua famiglia fa parte dell’alta borghesia. Viene inviata in Spagna, a Barcellona, dove studia nei collegi frequentati dai rampolli delle famiglie aristocratiche e borghesi della Catalogna. Tornata in Salvador, Marianella si iscrive all’Università, a Legge e Filosofia. Durante tali anni entra a far parte dell’Azione Cattolica Universitaria: è un’esperienza fondamentale perché si trova a discutere e analizzare i documenti del Concilio e di Medellin, a leggere i testi della teologia della liberazione, ad approfondire i concetti di “ingiustizia strutturale”, di “peccato sociale” e di “scelta preferenziale per i poveri”.
Nel 1974 Marianella viene eletta come deputato al Parlamento nelle file della Democrazia Cristiana, ma la maggioranza assoluta resta comunque in mano alle forze espressione dell’oligarchia economica e dei militari. Quando la Democrazia Cristiana decide di entrare nella Giunta di governo con i militari, pensando in questo modo di emarginarne le frange più estreme, Marianella abbandona il partito non condividendo tale scelta.
La nomina di Oscar Romero
Alla fine del 1976 l’arcivescovo di San Salvador, mons. Luis Chavez Gonzalez, in lieve anticipo sulla scadenza del suo mandato, rassegna le dimissioni. L’ausiliare, Arturo Rivera y Damas, sembra il naturale candidato a sostituire l’arcivescovo dimissionario, ma per le sue posizioni critiche nei confronti del governo non ottiene l’incarico. La scelta, sostenuta dal nunzio mons. Gerada e anche dall’oligarchia, cade così su Oscar Romero, ritenuto più moderato e non in conflitto con il potere politico.
Il nuovo arcivescovo di San Salvador, con cui Marianella collaborerà a lungo, assume ufficialmente la guida della diocesi il 22 febbraio 1977, con una cerimonia nella chiesa di San José de la Montaña. I poteri forti del Paese, sia in campo economico che politico, sono assolutamente soddisfatti di questa scelta. Numerosi sacerdoti della diocesi di San Salvador, quelli più attivi nella pastorale sociale, sono invece delusi dalla nomina di Romero, in quanto lo vedono su posizioni contrarie alle novità elaborate a Medellin e anche a quanto stabilito dal Concilio.
L’assassinio di padre Rutilio Grande
Pochi giorni dopo l’ingresso di Oscar Romero come arcivescovo di San Salvador, accade un fatto drammatico che riguarda un suo fraterno amico, il gesuita padre Rutilio Grande. Il 12 marzo 1977 padre Rutilio viene assassinato a colpi di arma da fuoco da alcuni uomini appostati dietro gli argini di un canale. Assieme a lui sono uccisi due contadini. Rutilio Grande, con la sua vita accanto ai contadini, era visto come colui che li spingeva alla lotta politica e sindacale; dunque era considerato un pericolo per gli interessi degli agrari.
L’assassinio di padre Rutilio è un fatto sconvolgente per l’arcivescovo. Di fronte al cadavere dell’amico ucciso, Romero inizia a comprendere che il Corpo vivente di Cristo, i poveri, sono oppressi e uccisi da un potere che si presenta come baluardo della cristianità, ma che in realtà è inumano e anticristiano. Dopo padre Rutilio Grande, altri sacerdoti vengono assassinati dalle forze militari e dagli squadroni della morte, oltre ad un numero imprecisato di catechisti e delegati della Parola, di leader politici e sindacali.
Contro le violazioni dei diritti umani
Così, in una situazione di sempre più brutale repressione, nell’aprile 1978 si decide di costituire una “Commissione per i diritti umani”, con il compito di coordinare le difese dei prigionieri politici e raccogliere prove e testimonianze sulle sempre più gravi e diffuse violazioni dei diritti umani.
Marianella viene nominata Presidente della Commissione. Nell’ufficio della Commissione è un continuo via vai di persone, che denunciano soprusi e violenze, presentano reclami, chiedono di essere difese, sollecitano ricerche per la scomparsa di familiari e amici. Ad ogni segnalazione di violenza, Marianella e gli altri componenti della Commissione accorrono nel luogo indicato muniti di macchina fotografica per documentare quanto accaduto.
Ogni fine settimana Marianella fa avere a mons. Romero informazioni dettagliate su quanto avvenuto nel Paese: uccisioni, torture, massacri, sparizioni. Così l’arcivescovo nelle proprie omelie domenicali può denunciare quanto sta accadendo.
In qualità di Presidente della Commissione per i diritti umani, Marianella viene accreditata presso la Commissione Onu per i diritti umani a Ginevra, dove più volte si reca a denunciare la brutale repressione in atto nel proprio Paese.
La via indicata da Romero
Il 12 maggio 1978, nel corso di una manifestazione di campesinos, Marianella García Villas viene fermata e condotta a forza alla centrale di polizia; poi, mentre è ancora in stato d’arresto, viene violentata da un uomo del Dipartimento G2, il servizio di informazione e spionaggio della polizia nazionale.
Il giorno dopo, una volta rilasciata per l’intervento di dirigenti della Democrazia Cristiana, si reca, ancora piena di odio e di desiderio di vendetta, a confidarsi con mons. Romero. Al termine di questo drammatico colloquio, Marianella decide che non si sarebbe vendicata, che non per questa strada avrebbe trovato l’uscita, ma semmai attraverso una ancora maggiore determinazione nella lotta.
Nel solo mese di maggio 1979 si contano 115 morti, 55 arrestati (30 dei quali finiscono nell’elenco dei desaparecidos), 92 feriti, 28 edifici incendiati o lesionati.
Un assassinio brutale
Ad ogni segnalazione di violenza, Marianella e gli altri componenti della Commissione accorrono nel luogo indicato: devono arrivare prima della polizia, per scattare liberamente le foto ai cadaveri ed evidenziare così le brutalità perpetrate, le torture.
All’indomani dell’assassinio di mons. Romero, che avviene il 24 marzo 1980, la Commissione salvadoregna per i diritti umani trasferisce la propria attività a Città del Messico, per le continue minacce e violenze di cui era fatta oggetto. Marianella rientra comunque diverse volte in Salvador per condurre indagini sulle brutali violenze delle forze militari.
Nel febbraio 1983 è in Salvador per raccogliere prove, da portare poi alla Commissione Onu per i diritti umani, circa l’uso di armi chimiche da parte delle forze armate salvadoregne. Il 13 marzo Marianella viene catturata, brutalmente torturata e infine dilaniata da proiettili esplosivi. Il giorno dopo è riconsegnata cadavere ai propri familiari.
Per amore di un popolo intero
Il 18 aprile 1983, cioè poco più di un mese dopo l’assassinio, Marianella viene commemorata a Roma, in Campidoglio. Sono presenti il Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, fortemente commosso, il presidente della Camera, Nilde Jotti, il vice-presidente del Senato, Dario Valori, diversi parlamentari, il vescovo ausiliare di Roma, Clemente Riva.
Dopo l’intervento di saluto del Sindaco di Roma, Ugo Vetere, e di mons. Luigi Bettazzi, prende la parola Raniero La Valle, senatore della Sinistra Indipendente, il quale ricorda che «Marianella, per tutte le testimonianze che abbiamo raccolto, era cosciente che questa sarebbe stata la sua fine. Perché lo ha fatto? La risposta l’ha data, senza volerlo, un attacchino romano, del servizio affissioni del Comune. In piazza S. Andrea della Valle, attaccando su uno spazio del Comune un manifesto che annunciava alla popolazione romana la morte di Marianella, “avvocato dei poveri, compagna degli oppressi, sorella dei perseguitati, voce degli scomparsi”, l’ha attaccato sopra un altro vecchio manifesto preesistente, lasciandone scoperto solo il lembo superiore. Non so se l’abbia fatto per caso o per intenzione: fatto sta che su quel lembo soprastante rimasto visibile stavano scritte tre grandi parole, che sono così diventate come il titolo e l’emblema del manifesto sulla vita troncata di Marianella. E quelle tre parole dicevano: “Soltanto per amore”. Questa – conclude La Valle – è dunque la risposta. Perché ha così combattuto la sua battaglia politica e civile, perché ha vissuto e perché ha dato la vita? Soltanto per amore. Non di pochi, ma di molti, non di una famiglia, ma di un popolo intero, ed anzi della giustizia e della liberazione di molti popoli».
Marianella, cittadina di cieli nuovi e di terre nuove, è stata una grande credente e una intransigente democratica, che ha lottato con le armi della politica e del diritto. La collaborazione con mons. Romero l’ha confermata nella scelta della nonviolenza, della denuncia coraggiosa e intransigente, ma disarmata.
Anselmo Palini
Già docente di Materie Letterarie presso l’Istituto di Istruzione Superiore “Antonietti” di Iseo.
Autore del libro Marianella Garcia Villas. “Avvocata dei poveri, difensore degli oppressi, voce dei perseguitati e degli scomparsi” (prefazione di R. La Valle e postfazione di L. Bimbi) Ave, Roma 20202. www.anselmopalini.it
[pubblicato il 6 marzo 2022]
[L’immagine che correda l’articolo è ripresa dal sito: www.monasterodibose.it]