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Valerio Gigante
Raccontare 50 anni di Adista non è semplice. Specie per chi, come me, è parte in causa, in quanto da molti anni redattore del giornale e negli ultimi due anche presidente della cooperativa editoriale proprietaria della testata. Ci provo, anche perché davvero mi pare che dal 1967 ad oggi tanto sia cambiato e se talvolta il cambiamento è stato in meglio credo che un qualche merito lo abbia anche Adista.
Un’informazione attenta ai fermenti del cambiamento
In Italia, nel 1967, governava la Democrazia Cristiana, con Aldo Moro presidente del Consiglio di un governo, il terzo dello statista assassinato dalle Brigate Rosse, formato da un quadripartito composto con Psi Psdi e Pri. In quella stessa Italia ormai giunta alla fine del boom economico, si manifestavano già tanti di quei fermenti che avrebbero dato vita al ’68; nella Chiesa cattolica questi fermenti cominciano negli anni del Concilio e proseguono, nel 1967, con l’occupazione dell’Università cattolica e della cattedrale di Parma e, alla fine del 1968, con i fatti dell’Isolotto.
Il primo numero di Adista esce il 31 ottobre 1967, in questa temperie culturale fatta di profonde trasformazioni della società italiana ma anche di fortissime resistenze al cambiamento, sia dal punto di vista politico (basterà qui ricordare i fatti di Avola del 2 dicembre 1968 e, appena qualche settimana dopo, il 12 dicembre, la strage di Piazza Fontana), sia da quello ecclesiale (quando muore Gigi Meroni, leggendaria ala destra del Torino, la curia della diocesi ...