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Molte sono le opere di Giovanni Franzoni - scomparso 88enne il 13 luglio scorso [*] - ma, senza dubbio, la più importante è La terra è di Dio, una "lettera pastorale" datata 9 giugno 1973, vigilia di Pentecoste.
In quanto abate (dal 1964) dell'abazia nullius di san Paolo fuori le Mura aveva partecipato, come "padre", alle ultime due sessioni del Concilio Vaticano II, ed era membro della Conferenza episcopale italiana. Egli era ben consapevole di avere, direttamente, "autorità magisteriale" - come precisava al n. 7 della sua lettera - solamente sul e nel minuscolo territorio che gli era stato affidato; tuttavia auspicava che il suo scritto, "per la dottrina biblica e le riflessioni teologiche in esso contenute possa essere utile a tutti i cristiani che vorranno prenderlo in considerazione".
La terra è di Dio, scritta in vista del Giubileo indetto da Paolo VI per il 1975, ed uscita proprio mentre era in corso l'assemblea generale della Cei, ebbe subito - soprattutto in ambito ecclesiale, ma anche sui media - grande eco, e provocò ovviamente reazioni diversificate. Leggendola oggi si può facilmente intuire il perché di tali variegati, e spesso contrastanti commenti. Infatti, anche se alcune sue pagine possono apparire datate, il senso complessivo del documento suscita tuttora, come fece allora, forte emozione e induce, con le sue analisi e le sue denunce, a porsi domande, radicali e ineludibili, su "come" la Chiesa romana - come ogni altra - dovrebbe porsi per essere, in ...