QUESTIONI DI LITURGIA
Intro in preparazione
1. NUOVO MESSALE
a) Articoli
Lebra A., Il messale si tinge (ma non troppo) di rosa (“settimananews.it”, 28.1.2021)
Mazzinghi L., La nuova edizione del Messale romano: alcune riflessioni (www.viandanti.org, 8.12.2020)
Grillo A., La traduzione di un Messale: la posta in gioco e i suoi criteri (blog “come se non”, 30.11.2020)
Potente A., Grillo A., Guasco R., La rivoluzione del nuovo messale (RaiRadio3, Uomini e profeti, 28.11.2020)
Maggi A., “Kyrie eleison”, perchè? (www.il libraio.it, 27.11.2020)
Grillo A., Vent’anni di solitudine: lo stato di minorità di una messale divenuto maggiorenne (blog “come se non”, 23.11.2020)
Asti F., Il Messale? Non è del prete ma è scuola per la comunità (Intervista di G. Gambassi, “Avvenire”, 8.9.2020)
b) Documenti sul Nuovo Messale
Noi siamo Chiesa, La liturgia deve andare al di là del “sacro” (9.12.2020)
2. CELEBRAZIONE E LINGUAGGIO
Martini G., Una comunità celebrante prende la parola (“viandanti. org”, 16.2.2021)
Martini G., Per una comunità celebrante (“viandanti.org”, 10.1.2021)
Boggiani R., Ricominciare dalla preghiera dei fedeli (“viandanti.org”, 29.11.2020)
Grillo A., Francesco e l’azione liturgica (“viandanti.org”, 10.2.2020)
Codrignani G., Il Credo: da riesaminare e riscrivere (“viandanti.org”, 24.9.2017)
3. SPAZIO E CELEBRAZIONE
Larini R., La liminalità come fondamentale dimensione dialogica dell’architettura sacra (blog “riprenderealtrimenti.wordpress.com”, 18.12.2020)
Larini R., Architettura religiosa e ricerca pluralistica del senso (blog “riprenderealtrimenti.wordpress.com”, 15.12.2020)
Botta M. – Ravasi G., Costruire lo spazio sacro. L’architettura religiosa nel mondo contemporaneo (colloquio – video YouTube, 30.10.2019)
Bose, I convegni liturgici internazionali (2003-2019)
Il cambiamento del testo della Messa ci dice che cambiare si può, ci spinge a riflettere sulle parole che pronunciamo e a procedere verso una versione più comprensibile e più vicina alla nostra fede.
In questo spirito, proporrei questa nuova versione del Padre Nostro:
Papà e Mamma nostro che sei nei cieli
È santificato il tuo nome
Viene il tuo Regno
È fatta la tua volontà come in cielo così in terra
Ci dai oggi il nostro pane quotidiano
E rimetti a noi i nostri debiti così noi possiamo rimetterli ai nostri debitori
E non ci metti in tentazione, ma ci liberi dal male!
Infatti, recitare (o almeno pensare) tutti i verbi al presente è una proposta per dire che la vera vita, la vita eterna, la vita che non muore, non è nel futuro, ma è al di fuori del tempo almeno per come possiamo concepirlo; quindi ciò di cui abbiamo bisogno è già realtà anche se non sempre riusciamo a capirlo e a viverlo pienamente.
Chiamare Dio Papà o Mamma non è una proposta di par condicio, ma deriva dal fatto che non possiamo immaginare un Dio maschio come neppure femmina perché sarebbe limitarlo e ci priverebbe di una dimensione del Suo amore.
La rimessione dei debiti che Dio compie nei nostri confronti non accade perché sia di esempio a come ci comportiamo, bensì è il presupposto senza il quale noi non saremmo in grado di rimettere alcun debito (come è chiaro a leggere la parabola che illustra questo concetto): solo se Dio ci perdona, cioè ci porta a superare i nostri limiti che generano i nostri errori, noi siamo in grado di perdonare agli altri e aiutare loro a fare lo stesso.
Infine, con il verbo al presente anche la diatriba sulla tentazione acquista una diversa sfumatura: l’espressione va intesa come “non ci fai correre rischi” o “non ci metti in pericolo” e ci rassicura sul fatto che il nostro cammino di liberazione è protetto.
Ho letto il testo di Mazzinghi. Non ho preparazione filosofica ecc., sono una semplice “laica”. Come anche il nostro parroco ci ha annunciato con sofferenza, condivido quello che ha scritto Mazzinghi. Ma in particolare davvero sono delusa da questo “poderoso lavoro di ben diciasette anni” che ha infine partorito poche modifiche, alcuni delle quali però pesano come un macigno sulle spalle di noi “fedeli”. Dal “Kyrie”, al “pace in terra agli uomini amati dal Signore” (che detto così sembra dividere in due la categoria delle persone, gli amati e quelli no, magari una virgola avrebbe aiutato), a varie piccoli cambiamenti che irrigidiscono e che, come anche leggo, non faciliterebbero più una partecipazione attiva dei fedeli, se non imbrigliata e frustrata da regole “estetizzanti” come dice Mazzinghi, e anche su questa “estetica” avrei da ridire, perché diventerà arida, se davvero praticata come il messale imporrebbe ( vedi preghiera dei fedeli).
Vengo da alcuni anni di volontariato come catechista in altra parrocchia, soffrendo molto dal dover sottoporre dei bambini e adolescenti a rigide coreografie imposte dal un “gruppo liturgico”, che anziché valorizzare e apprezzare la partecipazione “spontanea” dei bambini e ragazzi, in un ambiente già difficile, le deprimeva e mortificava.
Io credo che sarebbe tempo che si avesse il coraggio, come in alcune parrocchie si fa, di voler smontare quanto di “traduzione” è infedele perfino alla lettera, e comunque al senso profondo delle scritture e del messaggio di AMORE che esse trasmettono. E non di “incensazione” di Dio, (pensate al significato di “incensare” nel nostro linguaggio corrente!) il quale davvero non ne ha “bisogno”, ma purtroppo, forse, questo modo di “incensare”, riflette il “bisogno” umano di chi sta nei luoghi di potere anche ecclesiastico, di venire onorato per la sua posizione e appartenenza.
“Lasciate che i bambini vengano a me” … e sappiamo quanto il cuore del bimbo è spontaneo e non imbrigliato da schemi rigidi. Non è questo forse l’approccio preferito da Gesù?
Ho in mente, per averlo ascoltato dal vivo, una lezione di Arturo Paoli. Dalla Fonte zampillante di Grazia, forse che non si prende dell’acqua per portarla chi ha sete? O la si riversa nuovamente nella Fontana per “incensarla”? ne ha “bisogno” la Fontana? Arturo Paoli usava qui un’espressione più forte, ma illuminante… un atto di AMORE, non si può trasformarlo in un atto di “autocompiacimento” di Dio!
E… da tempo rifletto se la “ritualità” non diventerà un’arte a se’ stante nei secoli a venire, ne’ più ne’ meno come danza e canto …, perché sono espressioni di bellezza dell’uomo! Ma imbrigliati e irrigiditi tolgono il rapporto di vicinanza e affetto. Diventano espressioni a se’ stanti. Tolgono le note autentiche del cuore, il presentarsi per quello che si è. Recitare una parte e recitarla bene può essere espressione di bellezza, secondo canoni estetici codificati, e vi sono circostanze in cui questo è bene, è buono, è bello, e noi tutti ne godiamo. Un’opera, un concerto, un pezzo di teatro, e perché no? anche un testo come quello della messa dove tutti assieme “seguiamo”/partecipiamo, purché il testo sia comprensibile e adatto al nostro contesto socio/culturale. Ma utilizzare la recitazione codificata nelle nostre espressioni e rapporti relazionali personali non è certo un bene! e, notare, noi le utilizziamo nelle circostanze di “distanza” di rango o di distanza affettiva. Quindi non si può imbrigliare tutto, perfino ciò che dovrebbe essere espressione di partecipazione dal basso dei fedeli e/o attenzione ai fatti che nella vita accadono. Oppure è questa distanza che si vuole nuovamente instaurare nelle nostre celebrazioni delle comunità parrocchiali?
… e non sarebbe ora che questo benedetto testo del Padrenostro, dopo 2000 anni !!!, venisse finalmente sfrondato da decori e aggiunte interpretative nel tempo, e ci venisse restituito pulito e autentico?
Scusate se magari non ho utilizzato sempre i termini più appropriati, ma spero che si comprenda il senso di quanto ho espresso.
TE DEUM LAUDAMUS
Per cosa dovremmo lodarti, o Dio, quest’anno, e ringraziarti, quando il Covid 19 ci ha resi incerti, paurosi, addolorati? Sono morte alcune persone che abbiamo stimato, ad alcune volevamo anche bene. Non ci basta che alcune dalla malattia siano guarite. E adesso, come ci sollecita papa Francesco, saremo capaci di fornire la medicina -il vaccino- anche a chi non ha la fortuna di vivere in Europa? Illuminaci, o Padre, a camminare sulla strada impegnativa che abbiamo davanti: siamo chiamati a cambiare il nostro stile di vita. Sul lavoro, in famiglia, a scuola, nel nostro essere cittadini, nel divertirci, anche nel nostro essere Chiesa, niente potrà -dovrà- essere come prima. Per il piccolo Andrea ti ringraziamo: è stato un dono arrivato a consolare la nostra famiglia quando avevamo quasi perso ogni speranza. Che possa incontrare, crescendo, comunità ricche di relazioni. Aiutaci o Padre, ad avere e a comunicare speranza.
Silvano (bert) e Laura (mollari).
Trento, Chiesa di Sant’Antonio, 31 dicembre 2020.
Ho letto l’articolo di Luca Mazzinghi che mi ha molto interessato. Non sono una liturgista, ma per quel poco che ho potuto sentire lo condivido totalmente. Mi ha colpito negativamente in particolare sentire il celebrante dire “la cena dell’Agnello” al posto di “la cena del Signore” che era certamente più comprensibile. E poi leggere tutta la codificazione dei gesti e dei movimenti dei partecipanti: si ribadisce una celebrazione ancora più statica e formale di quelle che nel corso degli anni eravamo riusciti a rendere un po’ più partecipate. E’ sperabile che ci pensino le comunità, per esigue che si ritroveranno, a dare vita alle loro celebrazioni eucaristiche.