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ESSERE, DIVENTARE VIANDANTI
L’ITINERANZA E LA LOTTA DI GESÙ

Marco Bertè

 Nel cammino verso la nostra Assemblea soci, che si terrà il 30 novembre, stiamo pubblicando a puntate le riflessioni, o meglio la lunga meditazione sull’essere viandanti, che Marco Bertè, uno dei soci fondatori,  ci ha donato con questa dedica: “Una meditazione dedicata agli amici dell’Associazione Viandanti, con il piacere di ricordare un’idea e un’amicizia”. Una preparazione remota della quale ringraziamo molto Marco. [V]

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La radicale obbedienza di Abramo all’Alterità divina e la consegna all’altro le ritroviamo nella storia di Gesù, obbediente al Padre e consegnato agli uomini, fino a morirne. Gesù è, d’altra parte, una figura singolare di viandante. La sua vita e la sua attività si svolgono lungo un cammino ininterrotto.

Un cammino ininterrotto
Christian Bobin[1] ne pone in luce i diversi aspetti e le più riposte sfumature in un breve scritto, che intitola appunto “L’uomo che cammina” (Edizioni Qiqajon, 1998). E ci restituisce l’immagine straordinaria dell’andare di Gesù, senza tuttavia mai nominarlo. Quasi a dire che l’uomo che cammina, l’uomo connotato dal camminare non può essere che Gesù. E che chiunque cammina, misteriosamente e inconsapevolmente, lo fa con lui e alla sua sequela. Come i due di Emmaus.

Proviamo a ripercorrere le tappe del cammino di Gesù, almeno le principali, affidandoci al Vangelo di Marco.
Iniziando la vita pubblica, Gesù si mette in cammino: “In quei giorni Gesù venne da Nazareth di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni” (1,9).

Va nel deserto, sospinto dallo Spirito, e: “Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il regno di Dio” (1,14).

Passando lungo il mare (come Marco chiama il lago di Tiberiade) e andando poco oltre chiama i primi discepoli, che lo seguono, e assieme giungono a Cafarnao. Ben presto, però, lascia Cafarnao: “E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demoni (1, 39), ma “entrò di nuovo a Cafarnao dopo alcuni giorni” (2,1).

A questo punto Marco, proseguendo il racconto, registra solo piccoli spostamenti di Gesù. Ce lo fa vedere che entra nelle case e nelle sinagoghe, si reca più volte lungo il mare e sale e scende dal monte, ove istituisce i Dodici. Poi, dopo aver insegnato in parabole, attraversa il mare (dove c’è l’episodio della tempesta sedata) e giunge all’altra riva, nel paese dei Geraseni. Da qui passa di nuovo all’altra riva, ancora a Cafarnao, e finalmente torna a Nazareth, dove i “suoi” lo rifiutano.

Ripreso il cammino: “Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando” (6,6).
Invia i discepoli in missione, dopo il loro ritorno e dopo la prima moltiplicazione dei pani, raggiunge i discepoli, che si erano imbarcati, camminando sul mare (6,48).
Approdati a Genezaret, riprende il cammino. E là dove giungeva tutti accorrevano (6,56).

Dalla Galilea fino alle terre pagane
Inizia a questo punto il viaggio di Gesù fuori dalla Galilea, in terre pagane: “Partito di là, andò nella regione di Tiro […]  Di ritorno dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decapoli” (7,24.31).

Dopo la seconda moltiplicazione dei pani: “Salì sulla barca con i suoi discepoli e subito andò dalle parti di Dalmanuta” (8,10).

Attraversano il mare e giungono a Betsaida. Poi Gesù parte con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarea di Filippo. È durante questo viaggio che si ha la confessione di Pietro (Tu sei il Cristo!) e, subito dopo, il primo annuncio della Passione, cui ben presto seguirà un secondo annuncio.

Frattanto salgono su un monte (dove avviene la trasfigurazione), ne discendono e riprendono il cammino. Attraversano la Galilea quasi in incognito e giungono a Cafarnao.

Da qui ripartono, questa volta verso la Giudea e al di là del Giordano. Inizia il cammino verso Gerusalemme. “Mentre erano sulla strada per salire a Gerusalemme” (10, 32), Gesù dà il terzo annuncio della Passione. “E giunsero a Gerico” (10, 46).

Quando sono vicini a Gerusalemme manda due discepoli a prendere un puledro, vi sale sopra ed entra nella città, osannato dalla folla:
Ed entrò a Gerusalemme, nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l’ora tarda, uscì con i Dodici verso Betania” (11,11).

Il cammino di Gesù si muove ora entro spazi ristretti, tra Betania e Gerusalemme.

La mattina seguente, mentre uscivano da Betania […] Andarono intanto a Gerusalemme […] Quando venne la sera uscirono dalla città […] Andarono di nuovo a Gerusalemme […] Gesù si trovava a Betania” (11,12.15.19.27; 14,3). Finalmente giunge con i Dodici nella sala preparata per la Pasqua. Consumata la Cena, escono verso il monte degli Ulivi e giungono al Getsemani.

Dopo il bacio di Giuda è arrestato. Comincia la Passione. Ora Gesù non si muove più di sua volontà. È condotto da coloro cui si è consegnato.

Allora condussero Gesù dal sommo sacerdote […] lo condussero e lo consegnarono a Pilato […] Allora i soldati lo condussero dentro il cortile […] poi lo condussero fuori per crocifiggerlo […] Condussero dunque Gesù al luogo del Golgota” (14, 53; 15, 1.16.20,22), dove fu crocifisso. Allora Giuseppe d’Arimatea lo calò giù dalla croce e lo depose in un sepolcro scavato nella roccia.

Alla ricerca di qualcuno che lo ascolti
Gesù dunque cammina, cammina senza sosta. Come scrive Bobin, non sembra seguire un percorso a lui noto, attraversa la Galilea in lungo e in largo, poi un po’ la Giudea e si spinge fino ai territori dei pagani, andando per campagne e villaggi. Non ha una meta, cerca semplicemente qualcuno che lo ascolti, che accolga semplicemente la sua presenza e la sua parola. E si volge a chi soffre nel corpo e nell’anima, donandosi a tutti, curando i malati, consolando gli afflitti, dando luce e speranza ai dubbiosi.

A chi lo interroga sulla via da seguire dice: Io sono la via, la verità e la vita, e intende: la via da seguire, la verità da abbracciare, la vita da vivere sono quelle semplici, povere e umili che io sto seguendo, abbracciando, vivendo. Non c’è altra strada per andare al Padre. Non teme chi lo ostacola, lo minaccia o trama per ucciderlo. Va e cammina, fino a incontrare la morte in croce. E prima, immediatamente prima, sperimenta la paura e la solitudine del morire nell’agonia del Getsemani.

La durezza della prova
Non vi è in lui, come non vi è in Abramo, in Giacobbe, nello stesso Giobbe, un dubbio su Dio. Vi è una grande fede, che gli fa abbracciare il Padre senza riserve, anche nella tragica esperienza dell’abbandono. E tuttavia il prostrarsi del Figlio, il suo rivolgersi supplice al Padre, il chiedergli conforto e salvezza non significano forse riconoscere l’insondabile mistero divino e interrogarlo, quasi sfidandolo? E non è forse vero che noi stessi ci chiediamo: Veramente Dio vuole la sofferenza del Figlio? O l’accetta, come conseguenza del rifiuto degli uomini? È questo il Padre cui il Figlio si rivolge?

In ogni caso può sembrare improprio interpretare l’agonia di Gesù nel Getsemani come un modo di contendere con Dio, ma forse vi sono motivi per farlo. Anzitutto la straordinaria analogia della “legatura” di Isacco con la morte e resurrezione di Gesù. Né può sfuggire l’esplicito richiamo alla lotta: il greco agonia significa appunto lotta.

Seguiamo comunque il testo di Luca, che è il più ricco di particolari. Va soppesata quasi ogni parola.

Gesù “cadde in ginocchio e pregava dicendo: Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà. Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo. Entrato nella lotta pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra” (Lc 22,41-44).

Rivolgendosi al Padre, Gesù lamenta la durezza della prova, la crudele prospettiva che lo attende e tradisce l’impulso a chiudersi in un rifiuto. Ma non è un rifiuto, è una preghiera e, assieme, l’abbandono alla volontà divina. A ciò risponde l’angelo, che lo conforta, dandogli la forza necessaria per affrontare la prova.

La lotta di Gesù con il Padre
Viene in mente Giacobbe: chi combatte con lui, chi lo ferisce, anche lo benedice, lo fa capace di assolvere il suo compito. Allo stesso modo Gesù, confortato dall’angelo, diventa capace di pregare più intensamente, di entrare decisamente nella lotta, nell’agonia, sudando e sanguinando. La preghiera diventa come un grido strozzato in gola che prelude al grido lanciato dalla croce. Un grido presente nei Sinottici (non in Giovanni) che suona “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?” (citazione da Sal 22,2) in Marco e Matteo (Mc 15,34; Mt 27,46), mentre Luca ha in 23,26 “Padre, nelle tue mani raccomando il mio spirito” (citazione da Sal 31,6).

Al lamento per l’abbandono, che prolunga sulla croce l’agonia del Getsemani, fa riscontro la speranza e la fiducia nella salvezza. Un contrasto che colpisce, anche tenendo conto della diversa sensibilità dei due evangelisti. Un’interpretazione largamente condivisa, tuttavia, fa notare che il salmo 22, se si apre lamentando l’abbandono, culmina nella seconda parte lodando il Signore, “perché egli non ha disprezzato né disdegnato l’afflizione del povero, il proprio volto non gli ha nascosto ma ha ascoltato il suo grido d’aiuto” (Sal 22,25).

Il contrasto si attenua, ma rimane e insinua l’impressione di una sorta di lotta col Padre. Come con Abramo sul Monte Moria e con Giacobbe sulle rive dello Jabbock, direttamente o indirettamente Dio mentre mette alla prova e invita alla lotta, anche soccorre. “Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito” (Eb 5,7).

Marco Bertè
Socio fondatore di Viandanti e membro del gruppo “Oggi la Chiesa” (Parma) che aderisce alla Rete dei Viandanti.
[Parte quarta]

[1] Christian Bobin (1951 – 2022), è stato uno scrittore e poeta francese, vincitore del Prix des Deux Magots nel 1993 e del Prix de l’Académie Française nel 2016.

Essere, diventare viandanti
Parte prima
: Camminare verso dove?
Parte seconda: Ulisse e Abramo
Parte terza: Il contendere dell’uomo con Dio

– – Nota – – – –
Questo editoriale è tratto da un testo più ampio intitolato, Essere, diventare viandanti. Verso dove? La versione integrale, in cartaceo, verrà consegnata ai partecipanti della prossima Assemblea dei soci di “Viandanti” (Parma, 30 novembre 2024).

[Pubblicato il 12.10.2024]
[L’immagine che correda l’articolo è ripresa dal sito: https://www.firenze.gaiaitalia.com]

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