CONTINUITA’/DISCONTINUITA’ UNA DIALETTICA COSTANTE NELLA CHIESA

Bruna Bocchini Camaiani Si è molto discusso di continuità e rottura nella interpretazione e nella ricezione del Concilio Vaticano II. Ma usare solamente categorie così generali non è di grande utilità per comprendere la ricchezza e la complessità dei testi conciliari, che sono il frutto di discussioni di confronti ampi e di mediazioni articolate tra una maggioranza vasta, anche se articolata, e una minoranza tenace, fortemente organizzata, che poteva contare su figure importanti della curia romana. Un confronto, e talvolta uno scontro che si sono prolungati anche dopo il Concilio. Il rinnovamento nella continuità Il discorso di Benedetto XVI alla curia romana del 22 dicembre 2005 affronta questo problema. Egli, pur criticando una non meglio precisata “ermeneutica della discontinuità e della rottura” affermava che “il Concilio doveva determinare in modo nuovo il rapporto tra Chiesa ed età moderna”, in una prospettiva di “rinnovamento nella continuità”. In questa logica non venivano negate le discontinuità: “E’ proprio in questo insieme di continuità e discontinuità a livelli diversi che consiste la vera natura della riforma”. Così “Il Concilio Vaticano II, riconoscendo e facendo suo con il Decreto sulla libertà religiosa un principio essenziale dello Stato moderno, ha ripreso nuovamente il patrimonio più profondo della Chiesa”. Un esempio di discontinuità Infatti, il Concilio ha posto in primo piano la Scrittura e la tradizione apostolica, anche modificando elementi delle tradizioni più recenti. Va ricordato che nella Dichiarazione Nostra aetate, nel paragrafo IV, relativo agli ebrei, non ...

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