Home > Archivio > Editoriali > ESSERE, DIVENTARE VIANDANTI UNA RICERCA CHE NON HA FINE
Stampa
La Nebulosa Tarantola, immagine da telescopio spaziale

ESSERE, DIVENTARE VIANDANTI
UNA RICERCA CHE NON HA FINE

Marco Bertè

 Nel cammino verso la nostra Assemblea soci, che si terrà il 30 novembre, stiamo pubblicando a puntate le riflessioni, o meglio la lunga meditazione sull’essere viandanti, che Marco Bertè, uno dei soci fondatori,  ci ha donato con questa dedica: “Una meditazione dedicata agli amici dell’Associazione Viandanti, con il piacere di ricordare un’idea e un’amicizia”. Una preparazione remota della quale ringraziamo molto Marco. [V]

** ** ** 

«Io sono “Colui che è, che era e che viene”» (Ap 1,4; 1,8; 4,8; 11,17; 16,5). Il viandante, calato nel mistero dell’assolutamente Altro, torna a meditare queste parole dell’Apocalisse. La formula Colui che è dell’Apocalisse sembra riprendere l’ ‘Ehjeh ‘asher ‘ehjeh di Esodo 3,14, tradotto nel testo CEI con “Io sono colui che sono”, ma che si può rendere, ispirandosi alla traduzione di Buber/Rosenzweig, “Io sarò presente come sono presente”. Una variante, se vogliamo, di Sarò sempre con voi.

Lo Straniero, E-veniente
Tornando alla citazione dell’Apocalisse nella sua interezza (“Colui che è, che era e che viene”) colpisce il carattere di “evento” che indica rivelando, appunto, che la grande luce, lo Straniero si mostra come l’Evento che sempre rinasce, si rinnova, si dona. Colui che viene è certamente colui che è anche già venuto, che è qui, essendo Colui che è e che era, ma è anche il veniente, che fa dell’e-venire, del venire da, l’atto che si sta attuando e che, pur essendo destinato a divenire l’è e l’era di se stesso, rimane sempre, ora e poi, l’e-veniente.
Ed è, perciò, nel suo mistero, inattingibile, irripetibile, inenarrabile. Consentendo, così, la pluralità delle fedi e delle chiese. Infatti, di fronte ad una realtà misteriosa, inattingibile, irripetibile, inenarrabile che altro si può fare se non continuare ad interrogare e cercare? Continuare a interrogarsi e cercare come può avvenire e come avviene, per ogni fede e chiesa, il manifestarsi di Dio.
Se ogni fede e chiesa fa questo ed è quindi consapevole di non possedere la verità o quantomeno di non possederla esaustivamente, ma di doverla cercare e approfondire, allora e solo allora è accolta da Lui e Lo accoglie, Ne è ospitato e Lo ospita; e, al contempo, poiché non pretende di possedere la verità esaustivamente, poiché vive l’esperienza della fratellanza nell’interrogazione e nella ricerca, accoglie ed ospita le altre fedi e chiese e ne è accolta e ospitata.

Un pagano e tre Savi
È forse questa la forma più corretta e meglio praticabile di ecumenismo e di un dialogo interreligioso che si fondi sulla convinzione della legittima pluralità delle fedi e delle chiese. Come si può evincere anche da Libro del Gentile e dei tre Savi di Raimondo Lullo e dal De pace fidei di Cusano.
Il Libro del Gentile e dei tre Savi è un’opera giovanile di Lullo, scritta in pieno XIII secolo (1273), in cui l’autore mostra il Gentile (un pagano, quindi) in dialogo con tre Savi, un cristiano, un ebreo ed un musulmano. Il Gentile, che non crede in Dio e nemmeno in un aldilà comunque concepito, vaga per i boschi, rattristato per la sua situazione spirituale. Giunto in una radura, vi incontra i tre Savi, i quali si sorprendono della sua tristezza e si dispongono volentieri ad esporre ognuno la sua religione. Cosa che fanno con grande cura e rigore e con pieno rispetto per la persona e la fede degli altri. Lo scambio che si intreccia vorrebbe essere un vero e proprio dialogo interreligioso, diciamo pure un modello per noi oggi. Lo è solo in parte. L’intento apologetico, la preferenza data al cristianesimo si coglie, anche se implicita e nascosta. Ma, nonostante questo è molto interessante, e questo sì un modello da tener presente, la conclusione dello scritto.
Alla fine infatti il Gentile dovrebbe scegliere, dire quale delle tre religioni preferisca, ma a questo punto i tre Savi dichiarano di non voler conoscere la scelta fatta dal Gentile. Nessuno dei tre ambisce porsi dalla parte del vincente. Preferisce continuare a cercare, a interrogare e interrogarsi, a dialogare.
I tre si salutano amabilmente e si danno appuntamento per rivedersi altre volte e poter così continuare il dialogo. Dunque: l’interrogazione, la ricerca, il desiderio di cogliere nuove sfumature, nuovi modelli del credere, nuove strade per avvicinare l’inattingibile prendono il sopravvento.

Un incontro interreligioso e interculturale
E prendono il sopravvento anche nella prospettiva di Cusano, formulata nel De pace fidei (1453) e nel De coniecturis (1442). Nel De pace fidei, scritto immediatamente dopo la conquista di Costantinopoli da parte dei Turchi, Cusano adotta un punto di vista non tanto apologetico (anche se non del tutto dismesso) quanto di pacificazione tra le religioni.
Egli immagina un incontro in cielo dei rappresentanti delle religioni (non solo abramitiche), delle culture e dei popoli. Per intercessione di un Arcangelo orante essi chiedono a Dio di far cessare il conflitto tra le fedi e di rendere possibile una sola religione, muovendo i popoli verso l’unità. Il bene sommo, ricercato da tutti, è il raggiungimento della pace, che viene perseguita in piena fedeltà alla Rivelazione e nel rispetto della Ragione e della naturale aspirazione degli uomini all’eterna felicità. Un bene, peraltro, difficile da conseguire.
Non si tratta naturalmente di cambiare la fede, ma di rendersi conto come in tutte le fedi viva, tra altre peculiarità, un orientamento fondamentale. Qualcosa di misterioso, che per così dire vibra al fondo d’ogni fede, ma che rimane in sé inattingibile.
Si intesse allora un dialogo che tocca temi diversi – Trinità, Incarnazione, desiderio d’una eterna felicità, testimonianza di Cristo, Sacramenti, ecc. – che offrono a Cusano l’opportunità di far notare la convergenza tra le varie fedi e tra queste ed il cristianesimo. E se, nonostante questo sforzo, non si riesce a raggiungere l’obiettivo prefisso (il convenire di tutte le fedi in un’unica religione), è tuttavia possibile, grazie al dialogo intervenuto, garantire la pace.

Il desiderio inappagato
Alla fine il principio che si impone, più volte ribadito da Cusano, è religio una in rituum varietate. Le divergenze, infatti, riguardano più i diversi riti che il culto dell’unico Dio e la speranza dell’eterna felicità. Se dunque non si riesce a raggiungere l’obiettivo di un’unica religione, è giusto accontentarsi di fondare la pace sulla fede (in Dio e nell’aldilà) e sulla legge dell’amore, tollerando le inevitabili diversità dei riti, delle cerimonie, delle devozioni. Resta tuttavia il desiderio, mai soddisfatto e però invincibile, di penetrare fino alla scaturigine del credere e se possibile toccare, per così dire, il lembo del Deus absconditus. Su ciò possono esservi solo delle congetture, approcci alla verità assolutamente parziali, basati su tracce generiche ed incerte e legittimi solo quando si integrano e completano vicendevolmente e non pretendono di adeguare una verità assoluta. La quale è e deve essere intesa come assolutamente inattingibile. Si può forse osare una interpretazione, a rischio di fraintendere il pensiero di Cusano, che ogni fede si distingua dalle altre appunto come mera congettura, che coglie qualcosa dell’inattingibile, ma solo se e quando congiunta con le altre fedi.

L’inevitabile e legittima pluralità
In conclusione, il contributo di Cusano, come quello di Lullo, dischiude la possibilità di accogliere la legittima pluralità delle fedi e la necessità di un dialogo fraterno che non interrompa mai l’interrogazione e la ricerca.
Ambedue le posizioni, di Lullo e di Cusano, confluiscono dunque nella convinzione della legittima pluralità delle fedi e delle chiese. Una convinzione, questa, di fatto condivisa in ambito cristiano, almeno alle origini. Una pluralità, infatti, già evidente nel modo di porsi, di insegnare, di fare di Gesù stesso; nella varietà degli scritti neotestamentari (e, potremmo aggiungere, degli apocrifi); nella esistenza, agli inizi, di chiese autocefale (copta, armena, siriaca). Ma vi è di più: se si confrontano criticamente diversi passaggi degli Atti con le Lettere di Paolo, con altri scritti neotestamentari e con la stessa letteratura apocrifa, risulta chiaramente la esistenza di una pluralità di chiese con differenze di convinzioni, liturgie e comportamenti anche significative e tuttavia tra loro in armonia.
Ecco dunque: come si è appena detto, si dischiude la possibilità di accogliere la legittima pluralità delle fedi e la necessità di un dialogo che non interrompa mai l’interrogazione e la ricerca. Un dialogo di reciproca ospitalità, tra le fedi e con la Luce che viene dall’Alto.

** ** **

Il viandante si attarda in questi pensieri e volge lo sguardo verso la profondità dei cieli, ove può immaginare qualcosa che forse verrà. Non scorge nulla. Ma è nuovamente investito dalla grande luce. In cui sono appena delineati i profili delle cose già incontrate, dei pensieri già meditati, delle persone con cui si è intrattenuto. E vi sono anche altri profili, come ombre, come tracce irriconoscibili.
Tende le braccia, insegue ciò che non vede. Cammina, è quasi in affanno, vorrebbe correre, ma non riesce. Vorrebbe andare, precipitarsi, ma dove? verso dove? Non lo sa. Forse troverà qualcosa. Che cosa, quando?

Marco Bertè
Socio fondatore di Viandanti e membro del gruppo “Oggi la Chiesa” (Parma) che aderisce alla Rete dei Viandanti.
[Fine]

Essere, diventare viandanti
1. Camminare verso dove?
2. Ulisse e Abramo
3. Il contendere dell’uomo con Dio
4.L’itineranza e la lotta di Gesù
5. Verso l’Alterità’?
6. Noi, “quelli della via”
7. Sto alla porta e busso

– – Nota – – – –
Questo editoriale è tratto da un testo più ampio intitolato, Essere, diventare viandanti. Verso dove? La versione integrale, in cartaceo, verrà consegnata ai partecipanti della prossima Assemblea dei soci di “Viandanti” (Parma, 30 novembre 2024).

[Pubblicato il 29.11.2024]
[L’immagine che correda l’articolo è ripresa dal sito: www.nationalgeographic.it]

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli correlati

IL SINODO CONTINUA

ESSERE, DIVENTARE VIANDANTI
STO ALLA PORTA E BUSSO

ESSERE, DIVENTARE VIANDANTI
NOI, “QUELLI DELLA VIA”

ESSERE, DIVENTARE VIANDANTI
VERSO L’ALTERITA’?

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie tecnici da parte nostra. [ info ]

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi